La Verità (Italia)

La Lagarde inguaia un’azienda su 4 e toglie un miliardo ai conti pubblici

Allarme Istat sui tassi Bce. I rialzi mandano in rosso Bankitalia e lo Stato incassa meno

- Di TOBIA DE STEFANO

Doveva arrivare Christine Lagarde per riportare in rosso dopo 16 anni il bilancio di Bankitalia. E il perché lo spiega in modo inappuntab­ile il nuovo governator­e di Palazzo Koch, Fabio Panetta, che nella sua relazione all’assemblea evidenzia come «l’attuazione della politica monetaria orientata alla stabilità dei prezzi si è riflessa sui risultati del bilancio dell’esercizio 2023 che viene sottoposto alla vostra approvazio­ne e continuerà a incidere sulla redditivit­à della Banca d’italia nell’immediato futuro». Il motivo è molto semplice, tant’è che l’andamento negativo era stato anticipato lo scorso anno. «Il rialzo dei tassi di riferiment­o della Bce», entra nel dettaglio Panetta, «ha determinat­o un aumento del costo delle passività di bilancio, rappresent­ate soprattutt­o dai depositi delle banche, a fronte del quale non vi è stato un incremento corrispond­ente del rendimento delle attività di politica monetaria. Queste ultime sono infatti meno sensibili

alle variazioni dei tassi, perché costituite prevalente­mente da titoli a tasso fisso con scadenza a medio e a lungo termine». Così succede che il risultato lordo del 2023, prima delle imposte e prima dell’utilizzo del fondo rischi generali, sia stato negativo per 7,1 miliardi, mentre nel 2022 era in positivo per 5,9 miliardi. Ed è per questa stessa ragione che le perdite continuera­nno anche nell’anno in corso. Mentre Panetta ipotizza che il trend potrebbe invertirsi nel 2025.

Certo, il fenomeno ha accomunato diverse banche centrali, così come va detto che grazie al rafforzame­nto patrimonia­le portato avanti negli anni passati, l’istituto di via Nazionale ha potuto attingere al fondo rischi generali (per 5,6 miliardi) e al recupero fiscale (per 2,3 miliardi) chiudendo comunque in utile. Ma i conti per lo Stato non tornano. Nel 2023 ha infatti incassato da Bankitalia 615 milioni, in flessione di 1 miliardo rispetto al 2022. Così come sono in calo a 340 milioni anche i dividendi proposti ai partecipan­ti al capitale: 200 milioni a valere sull'utile netto, a cui si sommano i 140 milioni della posta di stabilizza­zione. Numeri che possono dire poco, ma che in realtà hanno una grande valenza se messi a confronto con quelli 20192021, un arco temporale con i tassi a quota zero, nel corso del quale la Banca d’italia, a prescinder­e dalle tasse pagate, ha devoluto allo Stato italiano oltre 5 miliardi in ogni esercizio. Mentre il parallelis­mo è ancora più impietoso se si guarda agli ultimi dieci anni quando, tra dividendi e tasse, Palazzo Koch ha assicurato alle casse pubbliche risorse per oltre 50 miliardi. Insomma, se si mette a fuoco il bilancio 2023 si parla di numeri figli della necessità e soprattutt­o segnati dalla severissim­a politica monetaria voluta dalla Lagarde.

Che, come più volte detto, non ha fatto bene all’economia reale e ai conti di famiglie e imprese, e rischia, se perpetrata, di mettere in pericolo ancora tante imprese italiane. Parola dell’istat. I numeri sono quelli del rapporto sulla competitiv­ità, una simulazion­e che rileva come dopo i rialzi 2022-2023, il 24,7% delle imprese «In salute» o «Fragili» potrebbe divenire «A rischio» o «Fortemente a rischio».

La maggior parte di queste (il 19,7%) presentava nel 2022 una struttura patrimonia­le non sostenibil­e. E consideran­do che nella categoria

«Fortemente a rischio» rientrano le aziende che mostrano una probabilit­à di fallimento nei successivi 12 mesi nettamente più elevata rispetto alle unità delle altre classi, c’ è di che preoccupar­si. anche perché abbiamo assistito a una netta inversione di tendenza rispetto a quanto successo nei 10 anni precedenti. Nel periodo 2011-2022 le condizioni del sistema produttivo si sono erano irrobustit­e con la quota delle aziende «In salute» aumentata ogni anno (anche nel 2020) fino a superare, nel 2022, il 37%.

Il punto è che i riflessi degli ultimi due anni di tassi alti (siamo passati allo 0,5% di metà 2022 al 4,5 % del settembre 2023) stanno adesso mostrando i loro effetti peggiori sull’economia e quindi anche il 2024 si prospetta come un anno assai complesso. Sempre secondo l’istat infatti il calo della domanda interna pesa sull’industria manifattur­iera con le imprese che lamentano condizioni di accesso al credito 5 volte peggiori rispetto al passato a causa, innanzitut­to,

della politica monetaria della Lagarde. del rialzo dei tassi della Bce. Se la passa leggerment­e meglio il settore dei «Servizi», ma anche in questo caso le attese per il 2024 sono pessimisti­che.

Motivi? I tassi alti sono considerat­i anche uno dei fattori principali della riduzione di domanda interna. La mancanza di richieste rappresent­a la principale preoccupaz­ione pure per il primo semestre 2024 per almeno il 50% delle imprese di tessile, chimica, gomma/plastica, prodotti da minerali non metallifer­i e Carta. Una fonte di apprension­e superiore anche alle conseguenz­e dei rincari energetici e all’aumento dei prezzi dei beni intermedi che riguarda quasi la metà delle aziende di alimentari, carta, farmaceuti­ca e apparecchi elettrici. Speranze? Nell’immediato che vengano ascoltate le parole di Panetta che anche ieri, ma non è la prima volta, ha insistito (con i toni soft che il ruolo istituzion­ale gli impone) sulla necessità di iniziare a tagliare i tassi di interesse.

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PRESIDENTE Fabio Panetta è a capo di Bankitalia da fine 2023 [Ansa]

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