Gratteri allude a un ministro che sniffa?
Il procuratore simbolo della lotta alla ’ndrangheta non solo chiede esami anti droga ai politici, ma butta lì: «Se qualcuno è stato fotografato vicino a della cocaina...». Quindi aggiunge che si riferisce «a chi ha fatto la legge» sulle verifiche attitudi
A brigante, brigante e mezzo. I test psicoattitudinali ai magistrati sarebbero un ignominioso insulto. A vendicare la permalosissima categoria, nel nome dell’arguzia di Sandro Pertini, c’è Nicola Gratteri. Attenzione: non un magistrato qualunque, bensì il procuratore capo di Napoli, un eroe della lotta alla ‘ndrangheta, anni trascorsi ad accalappiare delinquenti nella sua Calabria. Sanità mentale: indubitabile. Dirittura morale: superlativa. Fiuto investigativo: leggendario. Ed è proprio grazie a quel fiuto, che ora nasa la doppia morale della maggioranza e lancia criptiche allusioni: «Io sono pronto a sottopormi a qualsiasi test. Ma facciamoli a tutti, anche a chi governa. E mettiamoci pure alcol e droga».
Gratteri, come tanti colleghi, ha il dono della loquacità. Il suo veemente contrattacco viene dettato a tutti i media del Paese: tv, giornali, agenzie. Ma è con l’intervista serale al Tg1 che il procuratore manda il pizzino più sublime: «Una persona sotto l’effetto di stupefacenti può fare ragionamenti alterati o può essere ricattato se, ad esempio, è stato fotografato vicino a della cocaina». Urca! Non è la solita iperbole. Il super magistrato pare riferirsi a una foto. Qualche potentone è stato immortalato mentre si trovava nei dintorni della polverina bianca? Uno scatto ben preciso, magari infilato in qualche fascicolo. Vabbè dai, nella foga della difesa corporativa, gli sarà scappata una forzatura. Invece, no. L’inviata incalza: «Questa è un’affermazione forte». Risposta da uomo del denim: «Sono allenato a dire quel che penso». Ma a chi si rivolge? «A chi ha fatto questa legge, è ovvio». Dunque, alla maggioranza. E allora: Gratteri ha visto qualcosa di persona personalmente, come direbbe l’appuntato Catarella al commissario Montalbano?
O magari un collega gli ha parlato proprio di una fotografia compromettente? Comunque sia, potrebbe esserci qualche esponente della maggioranza ricattabile. Si sbronza come un marinaio e tira su come un aspirapolvere.
Insomma, messaggi ai naviganti. Però se la sono cercata, dai. Prima si lasciano andare alle mollezze romane. E poi, sempre più scioperati e viziosi, osano insinuare sugli illustrissimi magistrati. I test psicoattitudinali sembrano a Gratteri una vera vigliaccata: «Sono sicuramente sorpreso. Sia per il merito del provvedimento, di cui non riesco a cogliere il senso, che per le modalità, essendo inserito nell’articolato attuativo della riforma Cartabia che non lo prevedeva affatto. Quindi, doppiamente incostituzionale». Così, scatta la legge del taglione. Vengono evocate verifiche ancor più stringenti per chi ha osato concepire la norma. Al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, tocca perfino accontentare il procuratore: «Il test psicoattitudinale io l’ho già fatto a suo tempo. Per quanto riguarda gli altri, sono assolutamente disponibile». Pure l’assennatissimo Antonio Tajani tenta di placare l’ira funesta, ricordando che la tanto invisa prova «la fanno i commissari di polizia e anche le guide alpine, non è una diminutio». Il ministro per gli Affari esteri esemplifica, ricordando il suo avventuroso vissuto: «Li ho fatti in aeronautica e non mi sono sentito sminuito».
Test a tutti, incalza però Gratteri. Manager di stato, politici e soprattutto governanti. Il Fatto Quotidiano spalleggia dunque l’amatissimo inquisitore, fornendo una prima lista degli eletti che necessiterebbero non solo i test psicoattitudinali, ma pure la camicia di forza: da Cateno De Luca a Vittorio Sgarbi. Per carità, vale tutto ormai. E però: benedetto Iddio, fraseggerebbe il progenitore Tonino Di Pietro, come si fa a paragonare lo scalmanato sindaco di Taormina al giudice che può far marcire in galera un povero diavolo? Le cronache degli ultimi anni traboccano di avvilenti imprese della categoria. Corrotti, birbanti, ingiusti. O, semplicemente, svoltolati. Quel magistrato con la fobia del virus, per esempio. Terrorizzato dal contagio, ai tempi del Covid, aveva preferito evitare i bagni del palazzo di giustizia. A costo di far pipì in contenitori di plastica, da riporre poi ordinatamente in due armadi del tribunale. Dove, a giugno del 2022, vengono rinvenute decine di bottigliette da mezzo litro piene di inequivocabile liquido giallognolo. Niente test psicoattitudinali, però. Chiunque approccia la professione diventa un unto del Signore. I ministri pensino piuttosto alle loro supposte debolezze. Ricordando l’eterno motto degli antimafiosi: il sospetto, assicurava il Leoluca Orlando furioso, è l’anticamera della verità.