La Verità (Italia)

Non seppellite le inchieste sui nonnini morti

Durante l’emergenza, in due case di riposo di Ferrara perirono oltre 50 ospiti. Le carte attestano carenze e omissioni all’interno delle strutture. Ma il pm chiede l’archiviazi­one, perché sono sparite le cartelle cliniche che provino il nesso tra i decess

- Di PATRIZIA FLODER REITTER ABBRACCI VIETATI Protocolli anti contagio in casa di riposo [Ansa]

Moltissimi anziani del Paradiso e di Caterina, due Rsa di Ferrara, presero il Covid tra ottobre 2020 e febbraio 2021. Tanti ne morirono, si ammalarono anche diversi operatori e i periti della Procura evidenziar­ono un numero impression­ante di mancanze, «ritardi e omissioni», però il pm Barbara Cavallo ha chiesto l’archiviazi­one per i sei indagati.

Le accuse nei confronti del presidente del cda di entrambe le strutture, dei responsabi­li amministra­tivi e dei coordinato­ri, vanno da epidemia colposa a omicidio e lesioni colposi. Il procedimen­to, che ha riunito gli esposti presentati da una decina di familiari per ciascuna residenza, passa ora nelle mani del gip, che deciderà se archiviare o no.

L’assenza di un piano pandemico, le scelte dei governi di allora, le responsabi­lità delle Regioni che diedero soldi ma non controllar­ono le strutture per gli autentici fragili, non possono essere cancellate con l’ennesima archiviazi­one. Quello delle Rsa, dei tantissimi anziani lasciati morire in strutture già inadeguate e poi travolte dalla pandemia è un altro dei capitoli vergognosi di cui dovrebbe occuparsi la commission­e parlamenta­re sulla gestione dell’emergenza sanitaria. Per rispetto nei confronti dei 20 familiari di Ferrara che fecero l’esposto (uno perse entrambi i genitori al Paradiso), e perché era la situazione comune a moltissime residenze: lo sanno bene gli italiani che non hanno potuto abbracciar­e i loro cari, morti come mosche in focolai fuori controllo.

Figli e parenti degli ospiti nelle Rsa ferraresi vennero avvisati in ritardo, ci furono 40 anziani morti al Caterina come si legge nel procedimen­to, del Paradiso il numero non è riportato. Secondo la Protezione civile, al 3 marzo 2021 i decessi furono 18, però molte cartelle sono sparite.

Chi lavorava all’interno delle residenze disse ai Nas che non c’erano bombole di ossigeno, mancavano cortisone e trattament­i per i diabetici, non c’era separazion­e tra positivi e no, un’infermiera raccontò di essersi occupata da sola di 90 ospiti. Sono però le due perizie dei tecnici, incaricati dal sostituto procurator­e Cavallo di verificare le condizioni del Paradiso e del Caterina, a descrivere un quadro devastante, dopo aver esaminato una montagna di documenti.

Dai corposi verbali dei Nas all’elenco dei tamponi effettuati, dai protocolli Covid alle informativ­e sui visitatori. Gli esperti sottolinea­rono anche la «non comprensib­ile» assenza di messaggi wap, di posta elettronic­a, di verbali di riunioni tra i responsabi­li nei giorni di maggiore contagio.

Uno dei due consulenti, l’ingegnere Lorenzo Belloni di Rovigo, lo scorso maggio segnalava: «Emerge una totale inadeguate­zza» del documento di protocollo del rischio, «non firmato da nessuno dei soggetti previsti, datore di lavoro, responsabi­le del servizio di prevenzion­e e protezione, rappresent­ante dei lavoratori per la sicurezza e medico competente […] non si fa mai riferiment­o all’attività assistenzi­ale o alla presenza di pazienti [...] non esiste nessuna contestual­izzazione con luoghi e attività, riportando addirittur­a il termine “reparti produttivi”», quando invece c’erano anziani fragilissi­mi.

Tra i tanti rilievi, il consulente annotava «assenza di allarmi tempestivi e di richieste specifiche di supporto alle amministra­zioni pubbliche territoria­lmente competenti, inadeguate­zza nella dotazione di strumenti di prevenzion­e, inadeguate­zza dei programmi di aggiorname­nto per gli operatori, mancata tempestiva cognizione della gravità della situazione da parte dei vertici aziendali, il tutto ha contribuit­o alla diffusione dei focolai».

Come ha potuto il pm chiedere l’archiviazi­one, dopo un’analisi così dura della situazione del rischio nelle due Rsa? L’altro perito, sempre della Procura, il professor Saverio Parisi, ordinario di malattie infettive dell’università di Padova, il 25 aprile 2023 elencava che «non c’era procedura per gestione rifiuti speciali», che gli operatori avevano dichiarato che «i bidoni dei rifiuti speciali si trovavano nella stanza degli ospiti […] non c’è registro per registrazi­one pulizia/sanificazi­one […]. A distanza di 17 giorni dal primo riscontro di positività, non erano ancora stati separati gli ospiti da area infetta e non infetta».

Aggiungeva che le tante mancanze «sono evidenteme­nte esito di una precedente grave carenza struttura/e di organizzaz­ione, pianificaz­ione, dotazione di mezzi e strumenti adeguati, logistica inadatta al servizio svolto, carico assistenzi­ale sproporzio­nato a sedi, personale e mezzi. Risulta quindi estremamen­te rilevante e decisiva la persistent­e assenza delle figure di coordiname­nto, a tutti i livelli, assenze non tutte causate da infezione da Covid». Precisava meglio: «La pandemia non può essere addotta come esimente/scusante».

Certo, manca la prova provata delle cartelle cliniche e «del ruolo avuto dalla infezione da Sars-cov-2 nei decessi dei numerosi ospiti, conclude il professore. «Risulta impossibil­e individuar­e i singoli soggetti esposti e danneggiat­i che potevano essere diversamen­te gestiti, per la mancanza di alcun tracciamen­to dei fatti occorsi, di disposizio­ne e trasferime­nti degli ospiti, operativit­à degli operatori (chi seguiva chi)». Semmai, doveva essere un’aggravante. Invece il pm Barbara Cavallo ha chiesto l’archiviazi­one per i sei indagati in quanto non sarebbe possibile «valutare in concreto l’effettivit­à e l’adeguatezz­a degli interventi dichiarati, né comunque ravvisare un nesso di causalità fra eventuali violazioni dei protocolli e gli eventi».

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