«Vaccini approvati senza dati grezzi Le persone furono usate come cavie»
L’avvocato e docente: «È possibile che le aziende farmaceutiche abbiano presentato solo una serie di calcoli statistici. I sieri furono raccomandati da subito a fragili e donne incinte, ma nessun trial fu svolto su di loro»
«Le agenzie regolatorie degli Stati Uniti, del Regno Unito, dell’unione europea non hanno condotto una valutazione rigorosa e critica delle prove di efficacia e sicurezza dei vaccini Covid19. Se fossero stati miei alunni, li avrei bocciati». Pedro Morago, avvocato spagnolo, da 24 anni nel Regno Unito dove insegna metodi di ricerca e pratica basata sull’evidenza presso la School of health and life sciences della Teesside University a Middlesbrough, nel North Yorkshire, ha approfondito ogni aspetto della procedura di autorizzazione dei vaccini anti Covid. Le sue osservazioni confermano le troppe zone oscure attorno a medicinali che non dovevano essere al centro di una campagna vaccinale di massa, tantomeno somministrati obbligatoriamente.
Professore, in più occasioni ha denunciato l’assenza di «dati grezzi» sui partecipanti ai trial di Pfizer, di Moderna, Astrazeneca e degli altri produttori di vaccino anti Covid, affermando che non c’è prova delle sperimentazioni condotte. Può spiegarsi meglio? «Senza conoscere nome, età, stato clinico, luogo di residenza dei volontari, non abbiamo certezze degli studi che sono stati effettuati. Non c’è approccio scientifico. Lo sanno bene i miei allievi, che allegare quei dati è l’impegno più grosso ma necessario per dimostrare che uno studio non è stato inventato».
Esistono e non sono stati forniti?
«Non c’è chiarezza a riguardo.
Le montagne di documenti che Pfizer è stata costretta a rilasciare, sebbene a singhiozzo e in modo confusionale, non mostrano l’esistenza dei dati grezzi».
La sua ipotesi?
«È possibile che le aziende farmaceutiche abbiano presentato una serie di calcoli statistici e nulla più. Però nel processo di autorizzazione le agenzie regolatorie dovevano pretenderli, sempre garantendo
la privacy degli interessati».
Sarebbe molto grave se avessero accelerato le procedure, cambiando gli standard dei follow-up come avvenne, omettendo pure di chiedere i dati grezzi.
«Tenga conto che condurre uno studio randomizzato su 44.000 persone in soli tre mesi, come Pfizer dichiarò di aver fatto, è praticamente impossibile. Servono tempi molto più
«Ci voleva un’informazione corretta e necessaria, sul rischio relativo e sul rischio assoluto. Ma venne fatto di peggio, facendo credere che il vaccino era per le persone “fragili” quando non c’erano dati da parte delle aziende farmaceutiche».
L’abbiamo visto nell’insistenza a vaccinare donne in gravidanza o che allattano.
«Tutti i gruppi “a rischio” sono stati esclusi dai trial. Furbescamente, per non avere problemi in caso di eventi avversi, Big pharma non condusse sperimentazioni su donne
gravide ma nemmeno su immunodepressi, ovvero una fetta enorme della popolazione perché include pazienti con tumori, diabete, con una semplice bronchite che abbassa le difese immunitarie. Lo dichiarò chiaramente, eppure le agenzie regolatorie e i governi selezionarono quelle categorie come prioritarie nella campagna vaccinale».
Andavano informate, tutte queste persone.
«Si disse che il Covid era più rischioso, e che dai dati “del mondo reale” non emergevano rischi per donne in gravidanza o soggetti immunodepressi. In pratica, hanno sostituito il gruppo di controllo dei trial con una platea enorme di “cavie” che non sono volontari nelle sperimentazioni, e senza una metodologia scientifica».
Già, perché i gruppi di controllo sono spariti quasi subito.
«Appena i vaccini furono autorizzati a uso emergenziale, nel dicembre del 2020, “per motivi etici” le aziende incitarono i volontari del gruppo di controllo a vaccinarsi. Tre mesi dopo, solo il 7% del gruppo placebo non aveva ancora offerto il braccio. In questo modo, però, sì mise una pietra tombale sugli studi randomizzati. Senza gruppo di controllo non furono più sperimentali, ma osservazionali. L’impatto metodologico fu devastante. Bisognava esprimere da quel momento ipotesi, non dispensare certezze».
Lei che vive da 24 anni nel Regno Unito, come ha vissuto la corsa inglese ad essere i primi ad autorizzare il vaccino anti Covid?
«Era in atto un braccio di ferro con l’ue per via della Brexit. Dando il via libera a Pfizer, prima che lo facessero la Fda ed Ema, la Gran Bretagna volle mostrarsi una potenza vaccinale. Anche adesso, sembra che saranno gli inglesi a sviluppare i vaccini a mrna per tutte le patologie. Quel 2 dicembre del 2020 l’mhra, l’agenzia regolatoria in Uk, diede l’autorizzazione senza procedure. C’è poco da sorprendersi, Ema ha dato il via libera ai booster in poche ore».