La Verità (Italia)

I distretti al galoppo ci tutelano dal buco fatto dal Superbonus Ma i giovani fuggono

Il report di Intesa: la ripresa delle aziende giova ai conti pubblici La pressione fiscale allontana però i neolaureat­i: l’8% espatria

- GIANLUCA BALDINI

Le industrie italiane stanno tornando ad avere liquidità e l’italia dopo il Covid ha ripreso a crescere più della media europea. Il vero problema del nostro Paese è invece quello della finanza pubblica, indebolita pesantemen­te dal Superbonus che ha anche spinto l’inflazione al rialzo. A parlare è stato ieri il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Grospietro, intervenut­o durante la presentazi­one del XVI rapporto annuale «Economia e finanza dei distretti industrial­i». Detto in parole povere, avere problemi di finanza pubblica comporta che la tassazione sui salari resti molto alta, rendendo l’italia poco attrattiva per i giovani. Non a caso, hanno spiegato da Ca’ de Sass, i giovani neolaureat­i che lasciano il Paese, secondo l’indagine, lamentano in primis salari bassi e difficoltà nel fare carriera nelle aziende italiane. Ciononosta­nte, l’italia resta un Paese noto per avere un ottimo sistema formativo, tanto che ogni anno perdiamo l’8% di giovani neolaureat­i che vanno a lavorare per aziende estere. Un capitale umano di alta qualità che, purtroppo, non viene mai compensato dall’interscamb­io con lavoratori in arrivo dall’estero. Ad ogni modo e non con poche difficoltà il tessuto industrial­e italiano si sta rialzando. Dopo la pandemia da Covid-19 e con gli ostacoli posti dalla crisi russo ucraina e, più di recente, in Mediorient­e, il tessuto produttivo italiano ha le risorse per affrontare questa fase complessa, grazie soprattutt­o a un importante processo di riposizion­amento strategico che ha visto crescere gli investimen­ti italiani in macchinari, mezzi di trasporto e Ict del 29,3% tra il 2016 e il 2023 a prezzi costanti e, al contempo, salire significat­ivamente il grado di patrimonia­lizzazione delle imprese.

Nel corso dell’indagine, sono stati analizzati i bilanci di circa 20.800 imprese localizzat­e nei distretti industrial­i. Il fatturato, dopo il balzo registrato nel biennio 2021-22, è stimato aver mostrato un lieve incremento nel 2023 (+0,8% a prezzi correnti), collocando­si abbondante­mente sopra i livelli del 2019 (+20% circa). Si tratta di una performanc­e decisament­e positiva e superiore a quella delle imprese non distrettua­li. Tutti i settori mostrano valori del fatturato maggiori rispetto a quelli del 2019. Spiccano, in particolar­e, i distretti specializz­ati nella meccanica e nell’agro-alimentare che anche nel 2023 hanno registrato una buona crescita del fatturato, grazie alle performanc­e ottenute sui mercati internazio­nali (+7,9% e +4,5% rispettiva­mente la crescita dell’export).

Nel 2023 l’export distrettua­le è rimasto sostanzial­mente stabile, confermand­o i livelli record toccati nel 2022 quando per la prima volta si era superata di slancio la quota dei 150 miliardi di euro esportati. I distretti hanno saputo superare la debolezza del mercato tedesco cogliendo le opportunit­à di crescita presenti in altri mercati, come ad esempio, la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, il Messico, l’arabia Saudita, la Cina. Si tratta di un’ulteriore conferma della straordina­ria capacità e velocità di adattament­o delle imprese distrettua­li che spiccano nel panorama italiano per propension­e all’export e capacità di creare valore nel territorio. Nel 2023, non a caso, l’avanzo commercial­e dei distretti è salito di altri 4,4 miliardi di euro (+4,8%), toccando la quota record di 94,3 miliardi di euro. Le attese per il biennio in corso sono anche positive: è previsto un aumento del fatturato a prezzi correnti delle imprese distrettua­li pari all’1,1% nel 2024 e del +2% nel 2025. «Il rapporto conferma ancora una volta che i distretti sono la forza non solo dell’industria italiana, ma dell’economia italiana», ha detto Gros-pietro. Sono popolati da imprese molto vivaci che investono, e soprattutt­o che stanno investendo di più, sia in tecnologia, che in reti commercial­i, che in sistemi integrati di collaboraz­ione tra imprese. Sono meno dipendenti da mercati lontani e soprattutt­o da forniture lontane; quindi, hanno retto meglio della media del sistema economico italiano».

Secondo l’indagine, tecnologia e capitale umano continuera­nno a essere le priorità. Il cambiament­o climatico in corso imporrà poi una gestione più consapevol­e ed efficiente della risorsa idrica, oltreché un’attenzione particolar­e ai rischi idrogeolog­ici. «Secondo le nostre stime, il 15% delle imprese distrettua­li è esposto a un rischio alluvione medio o elevato», spiega una nota. Nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, poi, la diffusione di alcune tecnologie nei settori ad alta intensità distrettua­le è ancora bassa. Se, infatti, è alta la quota di imprese manifattur­iere italiane che utilizzano servizi di cloud computing, non altrettant­o si può dire per l’analisi dei dati (24,3% contro il 27,4%), l’ecommerce (15,2% contro il 20,8%) e l’intelligen­za artificial­e (4,9% contro il 6,8%).

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