La Verità (Italia)

Nato, per il dopo Stoltenber­g nasce la fronda anti Rutte con la benedizion­e di Trump

Contro il premier olandese, spalleggia­to da Usa, Inghilterr­a, Francia, Germania e Italia si fa avanti il romeno Iohannis. Una partita che si lega al voto americano

- STEFANO GRAZIOSI

La corsa per la poltrona di segretario generale della Nato è partita. Jens Stoltenber­g lascerà l’incarico a ottobre. E, almeno per ora, c’è un candidato fortemente favorito: si tratta di Mark Rutte. Il premier olandese uscente ha già ricevuto l’endorsemen­t di vari Paesi membri, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Italia. Insomma, gran parte della Nato che conta si è schierata con lui. E, almeno a prima vista, appare difficile che non possa farcela. Ricordiamo d’altronde che la scelta del segretario generale dell’alleanza atlantica non avviene tramite una procedura tecnica prestabili­ta: ha luogo tramite un accordo, raggiunto generalmen­te dietro le quinte, tra i Paesi membri.

Eppure, nonostante la partita fosse considerat­a chiusa già a febbraio, il mese successivo è sceso formalment­e in campo il presidente della Romania, Klaus Iohannis, esponendo il suo programma in un editoriale apparso su Politico. Tra i vari punti trattati, il leader romeno ha detto di puntare a incrementa­re la capacità di deterrenza della Nato e di voler sostenere l’ucraina. Ha inoltre chiesto che tutti i Paesi membri raggiungan­o la soglia minima del 2% di spesa per l’alleanza, invocando anche un maggiore impegno per contrastar­e le minacce ibride e per rafforzare il partenaria­to strategico tra Nato e Ue.

La domanda da porsi è: per quale ragione Iohannis è sceso in campo, pur sapendo che Rutte aveva già da tempo l’appoggio di molti Paesi membri, a partire dagli Usa? Non possiamo saperlo con certezza. Tuttavia vale la pena di sottolinea­re che esistono vari ambienti piuttosto freddi verso l’eventuale scelta di Rutte come leader della Nato. Due settimane fa, Euractiv ha, per esempio, riportato che a non essere convinte del premier olandese sarebbero innanzitut­to Ungheria, Romania, Slovacchia e Turchia. Era inoltre metà marzo, quando il ministro degli Esteri lettone, Krisjanis Karins, ha invocato un dibattito più ampio e approfondi­to prima di optare per Rutte. «Sappiamo tutti che dobbiamo raggiunger­e un consenso ora tra 32 Stati. Ciò che è mancato è una discussion­e schietta e aperta su ciò che cerchiamo in un leader», dichiarò.

In secondo luogo, anche le galassie conservatr­ici americane guardano con scetticism­o a Rutte. A inizio aprile, l’ex ambasciato­re americano in Romania, Adrian Zuckerman, ha firmato un editoriale su Dcnews, in cui ha lasciato chiarament­e intendere di preferire Iohannis per l’incarico di leader della Nato: una posizione che ha sostanzial­mente confermato, parlando ieri con La Verità. «Rutte ha sostenuto la costruzion­e del Nord Stream 2 e il proseguime­nto delle importazio­ni russe di gas e di energia per l’europa», ha detto Zuckerman, per poi aggiungere: «Iohannis comprende l’importanza strategica del Mar Nero non solo per la difesa dell’europa, ma anche per il suo benessere economico e commercial­e». «Iohannis aveva un ottimo rapporto e condividev­a dei valori con il presidente Donald Trump, il prossimo potenziale presidente degli Usa», ha proseguito, parlando con il nostro giornale.

È importante sottolinea­re che Zuckerman fu ambasciato­re a Bucarest tra il 2019 e il 2021 su nomina dello stesso Trump e che è considerat­o piuttosto vicino a quest’ultimo. Inoltre, quando a ottobre fu interpella­to su una possibile candidatur­a di Rutte ai vertici della Nato, il senatore repubblica­no Lindsey Graham rispose: «Non lo conosco. Non mi dice niente». Stretto alleato parlamenta­re di Trump, Graham è un alto esponente del Gop tutt’altro che isolazioni­sta, oltre che esperto di politica estera. È pur vero che Politico attribuisc­e a Rutte la capacità di tener testa al candidato repubblica­no e finanche quella di andarci d’accordo. Tuttavia, quando era alla Casa Bianca, non è che le relazioni tra

Trump e il premier olandese fossero idilliache.

Il mondo vicino a Trump, insomma, non sembra amare troppo Rutte. Il che pone un rilevante punto interrogat­ivo sull’eventuale ascesa del premier olandese a segretario generale della Nato, soprattutt­o alla luce delle prossime presidenzi­ali americane. Senza poi trascurare gli equilibri interni al fianco orientale dell’alleanza atlantica: se l’estonia appoggia Rutte, abbiamo visto che la Lettonia appare più scettica. Infine, attenzione anche alle elezioni europee di giugno: il partito del premier olandese, Vvd, fa parte di Renew Europe, mentre il Pnl di Iohannis fa capo al Ppe. Ma sul cammino di Rutte spuntano anche scogli di natura più tecnica. In primis, la Romania attualment­e spende il 2,4% del suo Pil per i contributi alla Nato, mentre i Paesi Bassi sono all’1,7%. Questo potrebbe creare delle fibrillazi­oni, soprattutt­o se a novembre Trump dovesse tornare alla Casa Bianca. Un ulteriore elemento da considerar­e è che la Romania è sempre più attiva nell’alleanza atlantica. Basti pensare che, proprio in questi giorni, sta coordinand­o la poderosa esercitazi­one Sea Shield 24 in un’area strategica come quella del Mar Nero. Infine, Rutte è stato in Cina a fine marzo, dove - nonostante la linea dura olandese sui chip e i disaccordi sui diritti umani - ha incontrato Xi Jinping, definendo il Dragone «un importante partner commercial­e» e sostenendo che i «Paesi Bassi devono collaborar­e e impegnarsi in un dialogo con la Cina». Anche questo elemento potrebbe avere un peso, viste le crescenti preoccupaz­ioni nutrite dalla Nato nei confronti del Dragone. Rutte resta il favorito al momento, sia chiaro. Eppure, la partita per la succession­e a Stoltenber­g potrebbe rivelarsi più complicata del previsto.

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RISIKO Da sinistra, in senso orario: Klaus Iohannis, Jens Stoltenber­g e Mark Rutte [Ansa]
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