«La Rowling è una santa moderna» Bojo l’ha capito, molti cattolici no
Il laico Johnson ha colto la battaglia della scrittrice: dire la verità quando costa caro
Carl Gustav Jung si costruì con le proprie mani una casa in riva al Lago di Zurigo e, una volta ultimata, incise sullo stipite dell’ingresso: «Vocatus atque non vocatus, Deus aderit»: che lo si invochi oppure no, Dio si presenterà in ogni caso. Ed è proprio in questi strani tempi che abbiamo in sorte di vivere, che ci capita di sentire l’ex primo ministro britannico, Boris Johnson, dire che la scrittrice J.K. Rowling è «una santa moderna».
L’anglicano e non particolarmente devoto Johnson mostra così che i suoi studi classici e la sua conoscenza della storia della Chiesa - testimoniati, tra l’altro, da raffinate pubblicazioni in materia non sono affatto superficiali. Il concetto di santità, nel cristianesimo, discende direttamente da quello di martirio; i primi santi erano tutti martiri in senso etimologico, cioè erano tutti «testimoni», erano tutte persone che venivano ammazzate perché professavano pubblicamente la loro fede in Gesù Cristo. Non è affatto errato ritenere, dunque, che l’essenza stessa del concetto di «santità» risieda proprio nel riconoscimento della verità in quanto dato di fatto, in particolare quando ciò comporti dei rischi personali sino al sacrificio della vita.
Questa cosa del morire pur di affermare la verità era una cosa assolutamente incomprensibile per i pagani, un’assurdità attestata sin da Pilato che, nel processo a Cristo, non riesce proprio a capire cosa quell’ebreo volesse dire, tanto da chiedergli con scetticismo cosa poteva mai essere questa «verità» di cui il Messia parlava. Joanne Rowling è la scrittrice inglese di maggior successo al mondo, l’ideatrice della saga di Harry Potter, agnostica ma dalle dichiarate simpatie per il buddhismo, la religione degli occidentali chic intelligenti e adulti. Essendo il Regno Unito uno dei principali terreni di scontro tra ideologia gender e primato del principio di realtà, non ci si deve stupire nel vedere da una parte le recenti ammissioni sulla pericolosità delle terapie per il cambio di sesso nei bambini e la conseguente messa al bando delle cliniche dove tali pratiche sono state sperimentate per anni e, dall’altra parte, il vendicativo insaprimento delle pene per i cosiddetti reati di «linguaggio d’odio».
In Scozia, dall’1 aprile, è entrata in vigore una nuova normativa sul linguaggio discriminatorio di genere, volutamente molto suscettibile di interpretazioni e volutamente molto estensibile in base alle circostanze e ai criteri adottati dal giudice, la stessa impostazione che il movimento Lgbt ha dimostrato di seguire in tutti i Paesi in cui riesce a far passare questo tipo di normative attraverso la propria azione di lobbying politica; anche in Italia ci siamo andati vicini nella scorsa legislatura. In base alle nuove norme scozzesi ogni «descrizione accurata del sesso biologico di una persona» avrebbe potuto configurare un reato punibile con la reclusione fino a due anni per ciò che l’hate crime and public order act definisce come «misgendering».
La Rowling, il giorno in cui la legge è entrata in vigore, si è dichiarata pronta ad andare in carcere pur di continuare ad affermare che una donna è una donna e un uomo è un uomo, costringendo Scotland Yard ad ammettere di aver ricevuto varie denunce nei suoi confronti ma di averle archiviate. Che solerzia questa comunità, che amore per la legge e che spirito di tolleranza! Si capisce, dunque, la correttezza dell’affermazione di Boris Johnson: oggi dire in Scozia che un uomo non può partorire potrebbe costare la galera - in particolare se non sei la donna più ricca di Gran Bretagna - e rischiare in prima persona pur di ribadire questa verità è, a tutti gli effetti, un atto di testimonianza, chi lo compie è in effetti «un moderno santo».
Eppure, viene da chiedersi come mai a dirlo debba essere un politico laico e a farlo debba essere un’agnostica con simpatie buddhiste. Soprattutto viene da riflettere sul fatto che la testimonianza che attesta la verità delle cose venga oggi scoraggiata in molti ambienti cattolici perché «non abbastanza inclusiva». E non basta il colpo al cerchio della Dignitas infinita dopo anni di colpi alla botte fatti a suon di «Benedicimi con la tua bocca», di gesuiti come James Martin che afferma, con il sostegno della gerarchia ecclesiastica e ignorando secoli di morale sessuale, che la comunità Lgbt sia una ricchezza per la Chiesa e di tutti quei preti e vescovi che, pur di non offendere nessuno, girano la testa di fronte alla palese negazione della più basilare realtà.
Paiono illuminanti le parole pronunciate dal cardinale Robert Sarah due giorni fa in Camerun: «Molti prelati occidentali sono paralizzati dall’idea di opporsi al mondo; la Chiesa del nostro tempo sta sperimentando la tentazione dell’ateismo fluido e pratico», e ha aggiunto che la contrarietà della Chiesa africana alla benedizione delle coppie omosessuali non è segno di arretratezza ma semplice testimonianza di verità. Fortunatamente a dirlo non è rimasta solo la creatrice di Harry Potter.