La Verità (Italia)

L’aula si scalda per Rosa e Olindo Rinviato il verdetto sul processo bis

Prosegue il dibattimen­to sulla revisione della sentenza. Prossima convocazio­ne a luglio

- Di GIORGIO GANDOLA STRAGE DI ERBA

«Ma se non siamo stati noi cosa confessi?». Rosa lo chiede a bruciapelo a Olindo mentre il marito - quel 10 gennaio 2007 - è deciso a raccontare, raccontare, raccontare. La strage di Erba. Quella che tre gradi di giudizio e 26 giudici dopo porta a due ergastoli. Lui confesserà, loro confessera­nno il massacro di Raffaella Castagna, del figlio di due anni Youssef, della madre di lei Paola Galli, della vicina Valeria Cherubini. E lo hanno fatto perché, secondo l’avvocato Fabio Schembri che li rappresent­a 17 anni dopo a Brescia «le confession­i sono un atto di generosità che compiono entrambi per salvare l’altro. Ma sono anche la prova che la coppia si è intestata quattro omicidi dopo le pressioni di chi li interroga in carcere. Per il loro “amore quadrupede” la confession­e è il minore dei mali per ottenere la cella matrimonia­le, l’unica cosa che vogliono». E che peraltro non esiste.

Nella seconda udienza del dibattimen­to in Corte d’appello sull’istanza di revisione l’attenzione è concentrat­a sulla difesa. E la difesa si concentra sui motivi di quell’ammissione di colpevolez­za (poi ritrattata) che ha portato Rosa Bazzi e Olindo Romano a scavarsi la fossa. Descritti dai tribunali come astuti, capaci di mettere in piedi un alibi complesso, sarebbero invece ingenui e fragili. «Non sanno cos’è il luminol o le intercetta­zioni», sottolinea Schembri. «Rosa non distingue la destra dalla sinistra, non sa leggere, Olindo non sa che l’ergastolo non si dà in cinque minuti, che la pena non si divide in due e non esistono camere doppie in carcere».

Poiché ciò attiene alle ricostruzi­oni di parte, per far stare in piedi il castello della revisione processual­e il pool difensivo batte e ribatte tre chiodi. L’inattendib­ilità della confession­e di Mario Frigerio (praticamen­te hanno mentito tutti); la fragilità della prova della macchia di sangue di una delle vittime sul battitacco della Seat Arosa di Olindo («È degradata nel tempo, quindi non è più valida»); l’impossibil­ità che la Cherubini sia stata ferita sul pianerotto­lo della strage e si sia trascinata fino al suo appartamen­to (un piano sopra) a morire. Secondo i difensori fu uccisa nella sua abitazione dai killer in un agguato.

Quali killer? Quelli che avrebbero compiuto la mattanza «per questioni di traffico di droga, poi fuggiti da un terrazzino o dai tetti della casa di via Diaz a Erba». Per dare sostanza alla tesi, gli avvocati Fabio Schembri, Nino D’ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux ricordano che Azouz Marzouk (marito di Raffaella) era stato massacrato di botte in carcere a Como e il cugino era stato accoltella­to per vicende legate allo spaccio.

Smontare un testimone oculare non è mai facile ma i legali ci provano. Mario Frigerio,

che in aula indicò Olindo e Rosa apostrofan­doli con la frase «Sono quei due delinquent­i lì», non sarebbe stato credibile perché cerebroles­o. Spiega ancora Schembri: «Venne sottoposto a una Tac che rilevò una cerebroles­ione causata da ipossia e inalazione da monossido di carbonio. Ne è derivata una falsa memoria». Purtroppo lui non può più replicare perché è morto dieci anni fa. Durante l’arringa i pm scuotono il capo in modo evidente e difensori si lamentano: «Noi non abbiamo fatto una mossa quando voi avete parlato». Il presidente della Corte Antonio Minervini deve alzare la voce per riportare la calma. Alla fine decide di riconvocar­e tutti il 10 luglio. Schembri chiosa: «Le sentenze non hanno spiegato i dubbi, li hanno nascosti». Chissà se la sua tesi sull’amore quadrupede avrà successo.

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Rosa Bazzi e Olindo Romano dietro le sbarre [Ansa]

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