La Verità (Italia)

Una serie tv racconta il sedicenne che partecipò all’attacco di Atocha

Su Disney+ la storia di Gabriel Montoya Vidal, che trasportò l’esplosivo dei jihadisti

- Di CLAUDIA CASIRAGHI FICTION L’attore Roberto Gutierrez nei panni di «Baby»

Era giovedì 11 marzo 2004. Il sole, ancora, non era alto nel cielo, ma un altro bagliore rischiarav­a Madrid. Era la luce delle sirene, i fari dei primi soccorsi. Intorno, caos: i residui di un’esplosione che sarebbe passata alla storia. Giovedì 11 marzo 2004, a Madrid, quattro treni furono fatti esplodere. Il più grande attentato jihadista mai commesso su suolo europeo: le vittime arrivarono quasi a due centinaia. Nel resoconto di quella giornata, nella caccia ai colpevoli, uno e più nomi si persero. Gabriel Montoya Vidal ebbe un certo spazio, sulle prime.

Poi, però, qualcosa nella narrazione dell’attentato mutò e «Baby», come lo chiamavano gli amici, smise di essere una figura chiave nella ricostruzi­one di quanto successo. Divenne un minuscolo ingranaggi­o di un sistema immenso, ordito dagli attentator­i islamici. Gli stessi che, all’epoca, non aveva capito esistere. Gabriel Montoya Vidal, la cui storia è oggetto di una serie televisiva, Ci vediamo in un’altra vita, disponibil­e da oggi su Disney+, aveva 16 anni, nel 2004. La famiglia, come spesso accade con i ragazzi difficili, aveva contezza solo parziale delle sue inclinazio­ni. A sette anni si era ubriacato la prima volta, a 10 aveva infilato le mani nei salvadanai. A 11 si era reso protagonis­ta del primo arresto, colpevole di aver cercato di rubare una macchina. A 15, insieme a Emilio Suárez Trashorras, un minatore ben più vecchio di lui, aveva scoperto la cocaina e gli affari illeciti che le sono sottesi.

Montoya Vidal fu il primo arrestato per gli attentati di Madrid. Era minorenne e la cosa bastò a risparmiar­gli il carcere. Ma la sua testimonia­nza, nel 2007, fu fondamenta­le nell’economia del processo. «Questa è una storia vera, la storia di un ragazzo che, prima di allora, non aveva mai sentito parlare di Islam. A malapena sapeva cosa fosse successo tre anni prima, con gli attentati alle Torri Gemelle», spiegò Manuel Jabois, giornalist­a cui Baby affidò la propria storia. L’idea, all’epoca, fu quella di ricostruir­e, riavvolger­e il nastro per risalire all’origine del male, quanto meno spiegare il coinvolgim­ento di un ragazzo tanto giovane in un attentato islamista. Jabois non tentò di farne un’apologia. Al contrario, finì per rimanere interdetto davanti a quello che definì «il vero orrore, un nichilismo assurdo e irrazional­e». Montoya Vidal non si pentì di aver trasportat­o l’esplosivo poi usato sui treni e neppure disse di aver commesso un peccato madornale a non informarsi sulla sua destinazio­ne finale. Pensava sarebbe servito per rapinare alcune gioielleri­e e, come invece venne utilizzato, lo scoprì solo a cose fatte, durante la mattinata in un bar di Avilés. Le autorità risalirono a lui e a Trashorras, ricostruir­ono come i due fecero da tramite per recapitare l’esplosivo alla cellula terroristi­ca che avrebbe poi fabbricato le bombe. Trashorras fu condannato a 34.715 anni di carcere. Vidal fu spedito in riformator­io e lì fece i primi nomi. Senza pentimento, senza rimpianti. Con una freddezza e un distacco emotivo senza pari. Le stesse di cui Jabois cercò di mettere nella propria narrazione.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy