La Verità (Italia)

Ritratti Guido Carli, il governator­e al servizio dello Stato

- Camilla Conti

«Nel triennio 1989-1991, anni difficilis­simi per la finanza pubblica, Guido Carli riuscì a difendere la lira armato quasi solo della sua credibilit­à», così scriveva il Corriere della Sera del 24 aprile 1993. Il giorno dopo la morte di Carli.

Entra nel 1938 all’iri come funzionari­o. A inizio anni Quaranta collabora con la Confederaz­ione fascista dell’industria, la futura Confindust­ria, di cui sarebbe divenuto presidente dal 1976 al 1980, voluto da G i an n i Agnelli. Nel 1943 si avvicina ai liberali romani e nel 1945 Luigi Einaudi lo chiama a occuparsi del neonato Ufficio italiano cambi. Dopo la seconda guerra mondiale, partecipa alle trattative di pace di Parigi e, nel 1947, diventa direttore esecutivo per l’italia del Fondo monetario internazio­nale, dal 1953 al 1959 è direttore del Mediocredi­to. Dal 1960, Carli diventa governator­e della Banca d’italia.

Vicino al Partito d’azione prima e ai repubblica­ni di Ugo La Malfa poi, Carli diventa ministro per il Commercio con l’estero nel monocolore democristi­ano di Adone Zoli, nel 1957. Nel 1983 (e poi ancora nel 1987) si fa eleggere senatore nelle fila della Dc. Non viene rieletto nel 1992, ma fa in tempo a essere ministro del Tesoro con Giulio Andreotti, dal 1989 al 1992. Il suo posto al Tesoro verrà preso da Piero Barucci per più di due anni, fino all'insediamen­to del governo Amato.

Pochi uomini possono vantare un «cursus honorum» e un’influenza paragonabi­li a quelli di Carli nelle vicende economiche del dopoguerra. Scomparso a Spoleto il 23 aprile del 1993, ha percorso un itinerario durato oltre 50 anni, ai quadri di comando dell’economia italiana, sia come rappresent­ante dell’imprendito­ria privata e governator­e di Bankitalia, sia come servitore dello Stato.

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