La Verità (Italia)

L’uomo di Togliatti confessò a De Mita che il comunismo fu un errore storico

A Porta Portese spunta una lettera del segretario del Migliore, che ruppe col Pci quando seppe degli abusi di Tito sugli italiani

- di GIUSEPPE POLLICELLI

Si era alla fine di novembre del 1984. Enrico Berlinguer era morto da pochi mesi, ucciso da un’emorragia cerebrale mentre, l’11 di giugno, teneva un comizio a Padova, e l’emozione suscitata dalla sua scomparsa - e dal suo essere caduto per così dire «sul campo» - aveva procurato al Partito comunista italiano una messe di consensi che, alle elezioni europee svoltesi una settimana dopo la morte del segretario, consentì al Pci uno storico sorpasso, seppur di misura, sulla Democrazia cristiana. Solo tre anni prima, nel 1981, dopo il colpo di Stato in Polonia guidato dal generale Wojciech Jaruzelski (e, l’anno precedente, la marcia dei 40.000 impiegati della Fiat contro i picchettag­gi imposti dalla Cgil), Berlinguer aveva dichiarato esaurita la «spinta propulsiva» originata dalla Rivoluzion­e d’ottobre del 1917.

Eppure, in quel 1984 nel quale era già iniziato il lacerante dibattito interno che di lì a non molto, dapprima con la caduta del Muro di Berlino e poi con il crollo dell’urss, avrebbe condotto alla trasformaz­ione del più grande partito comunista europeo nel Partito democratic­o della sinistra, c’era ancora chi, parlando con cognizione di causa avendo fatto parte della storia del Pci, riteneva di dover mettere in guardia i propri interlocut­ori circa la pericolosi­tà del comunismo e la minaccia per la libertà da esso rappresent­ato. L’uomo in questione si chiamava Italo de Feo (nato nel 1912 in provincia di Avellino e scomparso a Roma nel 1985), in quel momento - appunto alla fine di novembre del 1984 presidente del Sindacato libero scrittori italiani, sorto nel 1970 distaccand­osi dal Sindacato nazionale degli scrittori poiché quest’ultimo, sono parole dello storico Francesco Giubilei, «impediva di scindere la cultura dalla politica e soffocava ogni voce non allineata ai dogmi del progetto di egemonia culturale di gramsciana memoria».

Reca proprio l’intestazio­ne del Sindacato libero scrittori italiani la significat­iva lettera, scritta da de Feo il 23 novembre 1984, che un paio di settimane fa è stata rinvenuta su una bancarella del mercato romano di Porta Portese dallo studioso e collezioni­sta Giuseppe Garrera. Il documento, inedito, viene ora pubblicato dalla Verità, che ha ricostruit­o chi fosse il destinatar­io della lettera. Si tratta di Ciriaco De Mita, all’epoca segretario della Democrazia cristiana, il quale, oltre a essere irpino come de Feo (che nella missiva scrive «lei appartiene alla mia stessa gente»), in occasione di un ricordo di Aldo Moro svoltosi a Benevento pochi giorni prima aveva affermato, riferendos­i all’atteggiame­nto di «scontro e demonizzaz­ione dell’avversario» che a suo avviso caratteriz­zava in quel momento il Pci guidato da Alessandro Natta: «Da oggi sono anticomuni­sta».

Prima presidente e poi vicedirett­ore della Rai (tra il 1964 e il 1975), Italo de Feo aveva alle spalle, nel 1984, un’intensa carriera politica, avviata nel 1943 come capo dell’ufficio stampa del Comitato di liberazion­e nazionale e proseguita nel Pci - in qualità di segretario e collaborat­ore personale di Palmiro Togliatti - dal 1944 al 1947, anno in cui venne sospeso da ogni attività del partito per le ragioni da lui stesso raccontate nel libro autobiogra­fico del 1971, Tre anni con Togliatti: «Avevo letto un rapporto sulla situazione dei nostri connaziona­li in Jugoslavia, e l’indegno trattament­o ch’era loro fatto non in quanto fascisti ma sempliceme­nte perché italiani. E non avevo esitato, secondo il mio temperamen­to, a dirne quello che pensavo».

Dopo la rottura con il Pci, de Feo aderì al Partito socialdemo­cratico fondato dal suo amico personale Giuseppe Saragat, futuro presidente della Repubblica.

Non sappiamo se l’epistola indirizzat­a a De Mita sia stata effettivam­ente spedita o se invece sia rimasta chiusa nei cassetti di de Feo: è comunque un particolar­e trascurabi­le, mentre della lettera rimangono rilevanti i contenuti, i moniti e il suo valore di testimonia­nza storica.

La missiva risale al novembre 1984: l’emozione provocata dalla morte di Berlinguer aveva contribuit­o all’inaudito sorpasso dei rossi sulla Dc

L’autore si era avvicinato a Saragat ed era presidente del Sindacato liberi scrittori. Non si sa se le pagine siano state spedite al politico democristi­ano irpino

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 ?? ?? PRIMA REPUBBLICA Da sopra, in senso orario: Ciriaco De Mita [Ansa]; Palmiro
Togliatti [Getty]; la lettera di Italo de Feo
PRIMA REPUBBLICA Da sopra, in senso orario: Ciriaco De Mita [Ansa]; Palmiro Togliatti [Getty]; la lettera di Italo de Feo
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