«La sinistra senza idee usa la Resistenza come clava politica»
Il capogruppo di Fi: «I dem parlano ormai soltanto a minoranze rumorose. Ecco perché molti detrattori adesso rivalutano il Cav»
«Ormai la retorica sulla Resistenza è diventata una clava elettorale, per coprire la pochezza di contenuti a sinistra. Un torto gigantesco a chi la Resistenza l’ha combattuta in prima linea. Vista l’alternativa, è logico che molti, anche alle urne, “riscoprano” i principi di Berlusconi. Un uomo che sapeva unire, mentre oggi il Partito democratico parla solo alle minoranze rumorose e livorose». Paolo Barelli, oltre che capogruppo di Forza Italia alla Camera, è un ex nuotatore olimpico: «Prima medaglia maschile in assoluto, ventidue record all’attivo. Ho il fiato per affrontare qualsiasi cosa, soprattutto nella politica italiana». La violenza l’ha vista fin da giovane, quando i terroristi di Settembre Nero, a Monaco, attaccarono la squadra olimpica israeliana: «Stavo nella palazzina a fianco, ricordo il panico e la confusione». Adesso che il caos mondiale ha ripreso il sopravvento, Barelli non ha dubbi: «Oggi Silvio Berlusconi manca a tutti. Anche agli insospettabili».
In effetti, la figura di Silvio Berlusconi continua ad essere centrale nel discorso pubblico. Un libro di grande successo, quello firmato da Paolo Del Debbio, e una serie televisiva molto apprezzata. E poi una performance elettorale, quella di Forza Italia, che ha sorpreso molti osservatori. Ancora una volta, è l’effetto Berlusconi?
«Persino i peggiori detrattori si sono ricreduti su di lui, purtroppo fuori tempo. È sempre più evidente la grandezza di un leader che ha condizionato il modo di fare politica e di comunicare nel nostro Paese. In un momento così complicato, anche a livello internazionale, i principi portati avanti da Berlusconi sono ancora attuali, spendibilissimi».
Per esempio?
«Il discorso di Berlusconi del 25 aprile 2009 a Onna, sulle macerie del terremoto, è un pezzo di storia patria: “Festa della liberazione come festa di libertà di tutti gli italiani”. Molti di quelli che oggi insultano dovrebbero mandarlo a memoria».
Però il Paese ancora si divide sul suo passato. Ancora bruciano gli strascichi del 25 aprile. Si chiede a chi governa di dichiararsi antifascista.
«Operazioni ridicole e strumentali. Dal fascismo siamo lontani anni luce. Ci siamo fortunatamente evoluti, da ogni punto di vista. Chi parla di ritorno delle camicie nere vive fuori dalla realtà. Facendo finta che non esista la Costituzione democratica, gli organi di garanzia, il pluralismo, lo Stato di diritto. Una mistificazione. L’antifascismo non si merita questo genere di antifascisti».
Si riferisce a Scurati e ai suoi ammiratori?
«Mi riferisco a quelli che, in un passato più recente, erano inseriti in una tradizione che accettava e propugnava il comunismo. Possiamo metterla come vogliamo, ma certamente stavano dalla parte sbagliata del mondo. Sono loro che dovrebbero rinnegare il passato, non certo Giorgia Meloni, che è nata trent’anni dopo la fine della guerra ed è leader di un partito perfettamente inserito nel sistema democratico». Dunque?
«Dunque è chiaro, e lo dico con amarezza, che la Resistenza è divenuta una clava politica, un vestito propagandistico per occultare il vuoto di contenuti a sinistra. La Liberazione dovrebbe essere il patrimonio di tutti, d’altronde è stata combattuta da partigiani di ogni colore. Oggi hanno compiuto il delitto di ridurre la Liberazione a monopolio della sinistra, che ogni volta inscena la pantomima del nemico alle porte».
È una stortura recente? «Macché, è uno spartito stonato che va avanti da decenni. Prima il “Cavaliere Nero” era Berlusconi, e poi nel mirino ci è finito Salvini, Fini, persino De Gasperi. Insomma, fascista è chi non sta a sinistra».
Avete vinto in Basilicata con ottimi numeri. Tajani punta al 10% alle Europee. Che sta succedendo?
«Succede che siamo il partito dell’affidabilità. In Basilicata abbiamo vinto perché Bardi è un nostro dirigente capace e moderato: con lo stesso spirito ci prepariamo a vincere in Piemonte con il forzista Cirio e ci aspettiamo buoni risultati alle Europee. Nel frattempo Forza Italia è ancor di più il perno della stabilità del governo».
Sta dicendo che Forza Italia, data per spacciata dopo la scomparsa del fondatore, adesso parte favorita, anche sugli alleati?
«Accecati dall’ira contro Berlusconi, molti intellettuali e raffinati osservatori non hanno visto ieri ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti. Il nostro fondatore ha lasciato in eredità un’ottima classe dirigente, con Antonio Tajani il vero fuoriclasse, e ha forgiato un movimento che oggi è ben radicato e attrattivo nel tessuto del territorio. E ora facciamo la differenza, sentiamo che il futuro ci appartiene».
Hanno fatto la differenza anche Renzi e Calenda, in Basilicata per la prima volta in un centrodestra allargato e vincente. Farete il campo largo al posto della Schlein?
«Lo escludo, ci sono leggi della geometria politica che non si possono violare. A livello regionale è tutt’altra cosa: ci sono circostanze specifiche che favoriscono le affinità. E poi con una sinistra che si sposta sempre più verso gli estremi, ormai alla mercé dei 5 stelle, va da sé che il dialogo con i partiti moderati possa essere più semplice».
Quindi esclude un’alleanza nazionale con Azione e Italia Viva, oppure se ne può parlare?
«Vedremo se ci sarà un’evoluzione più pragmatica, che possa allontanare ancora di più quei partiti dalle sinistre. Di certo il bipolarismo non consente alcun terzo polo, ma non posso fare previsioni».
Tajani ha detto che puntate all’elettorato di sinistra. Non le pare un proposito un po’ troppo ambizioso?
«Gli italiani, nonostante tutto, sono un popolo di moderati. Cercano realismo e buon senso. Per questo sono convinto che abbiamo spazio anche da quella parte. E poi godiamo di un vantaggio competitivo sulla sinistra».
Quale vantaggio?
«Noi ci fondiamo sull’insegnamento di Berlusconi: aggregare, riunire, federare, puntare su ciò che ci unisce. I grandi contenitori li ha inventati lui: Polo della libertà, Casa della libertà e così pure il centrodestra di governo. Perché Berlusconi parlava a tutti: con le sue proposte e il suo linguaggio semplice, si rivolgeva ad ogni platea, ad ogni ceto sociale, senza snobismi. Anche nell’ambito della coalizione, non ha mai voltato le spalle ai partiti più piccoli, è sempre stato generoso. Al contrario, il Partito democratico di Schlein si è chiuso nella sua ridotta: parla solo alle minoranze politicamente corrette, con un linguaggio ormai comprensibile soltanto a loro. C’è una bella differenza».
Pensate di sottrarre voti anche agli alleati?
«Non siamo in competizione, e tifo per il successo elettorale dei nostri alleati, che poi equivale al successo della coalizione. Ma credo che Forza Italia possa espandersi su entrambi i fronti. E poi non dimentichiamo la terza sfida, quella degli astenuti: sono convinto che la nostra politica di moderazione potrà farci riconquistare consenso soprattutto laggiù, tra i cittadini rassegnati che hanno voltato le spalle alla politica rinunciando al voto».
La crescita dei partiti dichiaratamente antieuropei non vi ostacolerà?
«La sfida del futuro si vince stando dentro l’europa e non fuori. Si vince salendo sul ponte di comando, cercando di dare le carte, quelle giuste. Per mettere fine al rigore senza senso, o all’ambientalismo ideologico che distrugge la crescita. I nostri alleati devono comprendere a pieno che gli interessi nazionali si tutelano non solo protestando, ma soprattutto giocando la partita dentro le istituzioni europee, condizionandone gli indirizzi. L’italia non può pensare di risolvere da sola problemi giganteschi: Gaza, Ucraina, le minacce economiche cinesi, l’energia e gli scenari africani».
Intanto la Lega candida il generale Vannacci. Il ministro della Difesa Guido Crosetto non sembra aver apprezzato. Lei?
«Un personaggio divisivo dalla forte personalità, che ha sollevato perplessità anche nello stesso partito che lo ha candidato. Ma resta una candidatura legittima, e non mi permetto di dare giudizi sulle scelte degli altri».
Verdi e sinistra invece candidano Ilaria Salis, «per fare luce sui casi di ingiusta detenzione».
«Non mi sono piaciute le catene in tribunale in Ungheria, ma candidare Ilaria Salis rappresenta una politicizzazione che non aiuta la risoluzione del caso specifico. Ho l’impressione che che anche questa volta le grandi battaglie della sinistra per i diritti dell’imputato si riducano alla propaganda elettorale. E poi faccio notare come ci sano altri 2.400 italiani reclusi nelle carceri del mondo. Di loro nessuno si interessa?».
“
Allearci con Italia viva e Azione anche a Roma? Non faccio previsioni, ma dovrebbero allontanarsi dai progressisti. L’europa si cambia standoci dentro