La voglia di Capote non è mai stata così calda
A cent’anni dalla nascita, il genio di «A sangue freddo» è al centro di un nuovo libro, di una ristampa e di una serie tv con un cast stellare. Torna di moda il suo circolino di «cigni», signore dell’alta società (compresa la moglie di Agnelli) di cui cus
Geniale, controverso, urticante, senza compromessi. La figura di Truman Capote non lascia indifferenti, come scoprirete su Panorama in edicola.
«In fin dei conti, la vita è una buona pièce teatrale con un pessimo terzo atto». Truman Capote lo ripeteva spesso, e chissà che cosa avrebbe detto della Capote-mania che impazza negli ultimi mesi, in occasione del centenario dalla sua nascita. E chissà cosa avrebbe pensato - lui che scriveva per diventare immortale fondendo il romanzo alla realtà - del fatto che la sua biografia sarebbe divenuta a sua volta materia narrativa, imprimendosi come metro tanto letterario quanto sociale.
Un metro fatto di balli, di sangue e di donne bellissime indagato adesso attraverso un libro e una serie. Il primo è opera di Deborah Davis che in Truman Capote e il party del secolo (Accento Edizioni, 330 pagine, 18 euro), accompagna il lettore dietro le quinte della celebre ed esclusiva festa del 1966 in cui Capote riunì al Plaza 540 artisti, politici e celebrità in un ballo in maschera definito un «vero e proprio capolavoro di ingegneria sociale». Il sapore esclusivo si assapora fin dagli inviti, inviati su raffinata carta bianca bordata di giallo e arancione.
Il secondo, imprescindibile appuntamento per gli appassionati riguarda invece la serie internazionale creata da Ryan Murphy e diretta da Gus Van Sant, in uscita su Disney+ il 15 maggio, Feud: Capote vs. the Swans. Basata sullo struggente romanzo di Laurence Leamer Capote’s Women (Garzanti, 342 pagine, 20 euro), la serie vanta un cast eccezionale fin dal protagonista, Tom Hollander, e dai «cigni» interpretati da Naomi Watts, Calista Flockhart, Chloë Sevigny e Demi Moore. La narrazione si concentra sull’ultimo periodo di Capote, da quando nel 1975 pubblicò un capitolo di Preghiere esaudite sulla rivista Esquire. Era, quello, un frammento del libro a cui si stava da tempo dedicando e che svelava i più torbidi, vergognosi segreti delle donne che lo avevano assunto come fidato confessore. Non donne qualsiasi, ma le più belle, ricche e stimate socialites newyorkesi. Quelle capaci di adattare la loro personalità all’estetica, facendone un canone. Donne come Slim Keith, Babe Paley, C.Z. Guest, Lee Radziwill, Ann Woodward, Joanne Carson e la nostra Marella Agnelli. L’anteprima produsse nell’esistenza di Capote un terremoto inaspettato: i «cigni» che tanto aveva cercato e amato gli voltarono per sempre le spalle, escludendolo dall’ambito mondo dorato in cui l’avevano accolto.
[…] Le osservazioni acute delle dinamiche familiari e sociali influenzarono profondamente il suo stile narrativo fin dall’esordio con Altre voci, altre stanze nel 1948, che divenne un bestseller grazie anche alla provocatoria fotografia di copertina, in cui un giovane Capote appare sdraiato su un divano fissando l’obiettivo. La provocazione sarebbe poi diventata il segno distintivo della sua carriera, capace di una lettura originale del tempo.
Due le sublimazioni, che ancora oggi segnano la linea per autori di tutto il mondo e incendiano i cuori dei lettori. La prima è Colazione da Tiffany, che uscì nel 1958 e raggiunse la celebrità internazionale attraverso la trasposizione cinematografica di Blake Edwards, con Audrey Hepburn nei panni della giovane, romantica e sognatrice Holly Golightly. La seconda, considerata dai più come la sua vera innovazione letteraria, è certamente A sangue freddo (1966), in cui per raccontare il brutale omicidio della famiglia Clutter, Capote rifondò la scrittura non-fiction, ibridandola con un approccio narrativo che oggi potremmo definire canone. Il libro - oggetto di una campagna promozionale senza precedenti negli Stati Uniti - fu un successo internazionale, e Capote puntualizzò di aver voluto «trasformare la verità in finzione, o la finzione in verità».
Una tecnica che utilizzò nuovamente 13 anni dopo in un breve romanzo, Bare intagliate a mano, in libreria dal 10 maggio per Garzanti con la nuova traduzione di Marco Rossari. Il testo, che era stato già inserito in Musica per camaleonti (Garzanti, 1980), narra l’anima nera della provincia americana attraverso un inquietante escamotage narrativo che rivela la tecnica di interpretazione della realtà di questo autore che preferiva scrivere - con matite di legno e carta gialla legale sdraiato su un divano, sorseggiando caffè fino a mezzogiorno e poi passando al tè e infine allo sherry (o al Martini) nel tardo pomeriggio.
[…] Capote trovò la morte nel 1984 a Los Angeles, il 25 agosto. Aveva 59 anni, ed era a casa della sua cara Joanne Carson, l’unico dei suoi cigni che alla fine aveva continuato a stargli vicino. Aveva sulle gambe una coperta, che aveva ribattezzato Sook: gli era stata regalata da un parente quando era bambino.