Il taser degli agenti non è infallibile: «Servono dotazioni d’avanguardia»
La pistola elettrica non ha salvato i poliziotti aggrediti negli ultimi giorni. I colleghi americani ne hanno una molto più potente. Il sindacato Sap: «Non manca la formazione, ma mezzi migliori. Ogni tre ore ci attaccano»
■ I recenti episodi di violenza che si sono verificati negli ultimi giorni a Milano hanno aperto diversi interrogativi sull’efficacia dei taser in dotazione alle forze dell’ordine. Due casi ravvicinati di agenti aggrediti mentre erano impegnati a garantire la sicurezza di una città sempre più pericolosa, a tal punto che un viceispettore si trova ancora ricoverato in prognosi riservata dopo essere stato accoltellato tre volte alla schiena da un trentasettenne marocchino alla stazione di Lambrate. Christian Di Martino, il poliziotto di 35 anni, prima di essere gravemente ferito dal malvivente, ha provato a risolvere la situazione critica con la pistola elettrica, ma qualcosa è andato storto.
Il taser è uno strumento che funziona a impulso elettrico, con un alto voltaggio e un basso amperaggio. Per fare un parallelo, è come se la pistola fosse un tubo dell’acqua, i Volt la velocità con cui essa scorre e gli Ampere la quantità di acqua stessa. I taser attualmente in dotazione in Italia sono i modelli X2 e 7, entrambi prodotti dall’azienda americana Axon, che recentemente ha lanciato negli Stati Uniti il modello successivo, T10, molto più efficace e performante. Perché? Perché l’x2 e il 7 permettono di sparare in un colpo soltanto due dardi collegati a fili conduttori da una distanza massima di circa 7 metri e con degli impulsi di elettricità controllati pari a 1,3 milliampere per 5 secondi, durante i quali il soggetto subisce la scarica elettrica che causa una paralisi temporanea dei muscoli. Il T10, invece, è dotato di dieci cartucce che possono essere esplose una per volta e agisce da una distanza di 13,7 metri. Questi dettagli possono fare la differenza in una situazione concitata perché danno all’agente più probabilità di mettere a segno i colpi. Ed è proprio questo che non ha funzionato a Lambrate, dove è da escludere un problema riconducibile alla scarsa formazione dell’agente di polizia, che da quanto ci risulta è stato ben addestrato e ha da poco superato un concorso molto selettivo all’interno della Polizia di Stato. La difficoltà per un agente che deve affrontare una situazione urbana critica è proprio quella di riuscire a mettere a segno due dardi che contemporaneamente devono attingere un soggetto in movimento, agitato, magari con vestiti larghi o spessi.
Secondo una prima ricostruzione della dinamica, dei due dardi scoccati dal taser utilizzato da Di Martino, soltanto uno è andato a segno, raggiungendo la gamba del soggetto, mentre l’altro non è riuscito a perforare il giubbotto particolarmente rigido del malvivente, rendendo impossibile la chiusura del circuito elettrico. Una dinamica simile ha impedito a un altro poliziotto di bloccare Mohamad El Shaad Ali Harga, il ventisettenne egiziano che nella notte tra giovedì e venerdì ha aggredito con dei sassi gli agenti della Polfer in piazza Luigi di Savoia, appena fuori dalla Stazione Centrale. Qui addirittura, come si vede nel video registrato da una telecamera di sorveglianza, l’uomo è a petto nudo, ma uno dei due dardi lanciati dal taser è finito sulla cintura, rendendo inutile di fatto quello messo a segno sulla gamba. L’aggressore, che poi si è scagliato verso uno dei poliziotti, è stato fermato con l’impiego dell’arma da fuoco ed è rimasto ferito non gravemente a una spalla.
Un altro tema di cui si sta discutendo molto è se la scarica elettrica emessa dal taser fa effetto su un soggetto che ha assunto sostanze stupefacenti. Stefano Paoloni, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia Sap, spiega alla Verità: «Il taser provoca desistenza nelle intenzioni della persona che la polizia deve fermare con la forza. I dati ci dicono che otto volte su dieci ciò avviene perché il soggetto è lucido, si rende conto del rischio che corre e si ferma. Chi invece è sotto effetto di sostanze stupefacenti e ha una alterazione psico-fisica prosegue nel suo intento». Il dirigente del Sap poi puntualizza: «Sono anni che denunciamo aggressioni: una ogni tre ore, circa otto al giorno. La formazione non basta, chiediamo dotazione all’avanguardia. Esistono i dardi invernali che bucano i giubbotti imbottiti, ma non ne siamo ancora dotati, così come non abbiamo i giubbotti anti taglio». Massimiliano Pirola, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia invece «un clima d’odio crescente nei confronti della divisa facilitato dal forte senso d’impunità che da ormai molto tempo serpeggia nelle città». Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato, chiede «di migliorare e rinforzare le procedure e gli strumenti affinché i nostri operatori non restino in fin di vita nello svolgimento del loro dovere».