La Verità (Italia)

«I figli rapiti non sono casi rari»

L’avvocato: «Ad agire sono quasi sempre musulmani che tornano con la loro prole nei Paesi d’origine. Là il padre ha potestà assoluta: un divario culturale sottovalut­ato»

- D. Per.

■ «Alle ragazze e alle donne italiane consiglio di stare attente: è successo e continua a succedere. Se instaurano certi legami, poi se ne possono pentire amaramente». Luca Zita è un avvocato esperto in diritto della famiglia e dei minori. Negli anni è diventato uno dei massimi esperti per quanto riguarda i casi di minori rapiti dai padri musulmani e portati, contro il volere della madre italiana, nei Paesi d’origine. Nel 2017 riuscì, dopo 5 anni di battaglie legali, a restituire la figlia Emma alla mamma Alice dopo che il padre siriano l’aveva rapita nel dicembre del 2011.

Avvocato, quello dei rapimenti di minori è un caso evidenteme­nte limite. Ma non è una rarità.

«No, non è una rarità. Accade che il genitore non italiano tenti di portare via dall’italia il proprio figlio o la propria figlia, senza il consenso della madre. Di solito, anzi quasi sempre, si tratta di uomini che arrivano, e tornano, in Paesi islamici. La mia esperienza dice che queste coppie miste vivono due esperienze diverse: la prima durante gli anni del fidanzamen­to, dove il comportame­nto dell’uomo musulmano è esemplare, appare integrato benissimo nella nostra società. Poi tutto cambia dopo il matrimonio e la paternità. Quando nasce una famiglia e un figlio, iniziano i problemi». Quali sono?

«La cultura è diversa, c’è in quella islamica una diversa concezione della famiglia, del ruolo della donna e di quello dei figli. Davvero, il divario culturale che c’è tra questi due mondi è enorme. E bisogna tenerne conto quando si vuole instaurare un rapporto di affetto».

Nel caso di rapimenti dei minori, che tipo di difficoltà ci sono?

«Principalm­ente, il fatto che gli atti della giustizia italiana rimangono lettera morta. Non c’è alcuna tutela per la madre e per il minore nei Paesi islamici, il padre ha una potestà assoluta. Questa sostanzial­e impunità assicurata dal proprio Stato di origine viene trasmessa e assorbita anche dal padre musulmano, che può rapire il proprio figlio avendo la certezza di restare sostanzial­mente impunito se ritorna a “casa”. È molto difficile ottenere l’applicazio­ne di una misura coercitiva forte. E non è solo la giustizia a essere in difficoltà: per essere efficace, avrebbe bisogno del sostegno della diplomazia. Ma anche su questo fronte, le probabilit­à di incidere sono molto, molto poche».

Lei sta lavorando su casi di minori sottratti dal genitore?

«Certo, come detto questi episodi succedono sempre. È una delle conseguenz­e più difficili da gestire dei cosiddetti matrimoni misti. Ci sono mamme che non vedono il proprio figlio da più di dieci anni. Ribadisco che le coppie devono essere consapevol­i del divario culturale che c’è tra noi occidental­i e gli islamici. Non dico che il rapimento di un minore avviene quando finisce ogni matrimonio misto, ma avviene più spesso di quanto si possa pensare. Anche se vivono in Italia, i genitori di origine musulmana non intendono aderire al nostro modello di nucleo familiare, disciplina­to da leggi che non vengono riconosciu­te. E da qui nascono i problemi».

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ESPERTO Luca Zita

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