È IL RIFIUTO DELLA REALTÀ CHE CONDANNA AL FALLIMENTO
■ La strada verso il paradiso in Terra in realtà conduce dritta all’inferno. La grandezza del messaggio antitotalitario di George Orwell sta in questa consapevolezza: la società perfetta non è un luogo in cui valga la pena vivere. Ed è questo il destino segnato e terribile di tutte le utopie, progetti di felicità futura inevitabilmente condannati al fallimento proprio perché rifiutano un tratto fondamentale della realtà, cioè la sua impurità. Non esiste il Bene Assoluto, il Puro che possa risplendere limpido per l’eternità. Le cose umane sono fatalmente un impasto di bene e male, e proprio per questo la pretesa di purezza non può che sfociare in una costruzione anti umana e innaturale. Come l’unione Sovietica di cui, da socialista, Orwell era spietato critico. «La meccanizzazione e l’economia collettiva sembrano non esser sufficienti», scrive l’autore britannico in Appunti sparsi (altro testo contenuto in Noi e la bomba atomica). «Da sole hanno portato semplicemente all’incubo che stiamo vivendo: guerra senza fine e penuria di cibo senza fine per amore della guerra; popolazioni di schiavi che lavorano dietro un filo spinato; donne che strillano mentre vengono trascinate via; cantine foderate di sughero dove un boia vi fa saltare le cervella da dietro». Ecco che cosa era, sotto la coltre di illusioni e bugie, il paradiso dei lavoratori. Utopia, ammonisce Orwell, è un luogo che non esiste, che non è collocato nella realtà. Anzi la rifiuta, pretende di sostituirla con una costruzione artificiale, posticcia e fallimentare.
Eppure, il paradiso in Terra non abbiamo mai smesso di cercarlo. Ancora oggi disegniamo le nostre utopie, paradisi drammaticamente artificiali. Alcune tutto sommato facili da smascherare. Ad esempio le promesse della rivoluzione tecnologica e digitale - che ci affascina con la rimozione della morte e seduce col miraggio di una vita senza dolore - non incantano nemmeno quelli che le formulano: i lati oscuri del Nuovo Mondo algoritmico sono troppo evidenti.
Restano, tuttavia, altre e più efficaci illusioni. Se è vero, come Orwell aveva compreso, che l’avvenire di felice perfezione sfocia necessariamente in un incubo, allora bisogna offrire alle masse qualcosa di più sfumato affinché cadano in trappola. Non inarrivabili panacee collettive, di cui già anche i meno smaliziati possono intuire l’esito. Ma più credibili proposte di salvezza individuale. Ed è esattamente qui che la inestirpabile gnosi profonde tutta la sua rettile efficacia. L’utopista, come lo gnostico, è un eccellente diagnosta dei mali del mondo. Descrive quel che ci circonda e sentenzia che la creazione è sbagliata, corrotta, marcia, motivo per cui ne propone una radicalmente diversa, stavolta funzionante e idilliaca, valida per tutti. Lo gnostico agisce più sottilmente. Egli si avvede dell’orrore del mondo, ma si limita a suggerire una via di fuga, una exit strategy, un sentiero per ritornare nella pienezza divina.
I profeti odierni, fateci caso, raramente ci propongono la felicità. Essi pongono un orizzonte più ristretto e apparentemente più raggiungibile: la sopravvivenza. Tutto sta crollando, ci dicono, ma se seguirete le nostre indicazioni potrete risparmiarvi la catastrofe. Se l’utopia richiede comunque un atto creativo, uno sforzo di immaginazione, la gnosi attuale offre soltanto una disciplina. Obbedisci alle regole dettate dai Maestri Spirituali e sarai salvo. Qualora tu dovessi smettere di prostrarti, ti condannerai da solo alla perdizione. Se non userai l’auto elettrica, contribuirai al collasso globale; se non assumerai il farmaco la malattia non ti risparmierà; se non crederai con forza ci farai perdere la guerra.
La gnosi odierna non si sforza nemmeno di offrire felicità: le conviene di più offrire wellness spirituale o fisico, qualcosa che richieda esercizio costante. Non ci propone un luogo in cui approdare, ma una pratica da svolgere con cui ci imprigiona in un rapporto di dipendenza, di debito: non smettere di seguire la via indicata dal guru, o ti perderai. Purificare il mondo non è possibile, purificare sé stessi invece sì. Creare il paradiso in Terra è una fatica inutile: diventare dei è più allettante. Almeno fino a quando non si cade dalle nuvole.