Gli ecovandali? Ottusi e portasfiga: così han provato a rovinarmi lo show
Gli attivisti di «Ultima Generazione» sono gli apostoli del nuovo fondamentalismo green: predicano l’apocalisse e non tollerano opinioni contrarie alle loro. Ma a Torino hanno trovato pane per i loro denti
(...) perché questo sono: un gruppo di fondamentalisti che pensano di incarnare l’unica verità, l’unico verbo. Che poi è lo stesso di Greta Thunberg, essendo anche loro dei «gretini» cioè discepoli dell’ormai vecchia icona del progressismo mondiale. Come sapete da tempo costoro sostengono che l’uomo è l’unico responsabile del cosiddetto cambiamento climatico e non vogliono sentire ragioni: o cambiamo stile di vita, rinunciando al benessere che ci siamo faticosamente conquistati, oppure il globo sprofonderà nel disastro, i mari esonderanno, terremoti e alluvioni ci seppelliranno. Ricordano un po’ quei monaci millenaristi che annunciavano sempre la fine del mondo, come in un magnifico film di Massimo Troisi. «Ricordati che devi morire, ricordati che devi morire!!», strillava il frate. E l’attore, affacciato a un balcone: «Sì, aspetta che me lo segno». Ecco, con questi funziona allo stesso modo; hanno proclamato così tante volte la deflagrazione finale, la rovina del genere umano, che uno ormai non ci fa più caso. Però, avendo evidentemente moltissimo tempo a disposizione, si esercitano a rompere le balle al prossimo, uscendone quasi sempre impuniti perché coccolati e adorati dalla sinistra nostrana e persino da qualche magistrato. Come dimenticare una recente sentenza di un tribunale, se non sbaglio quello di Bologna, che ha condannato tre attivisti per aver bloccato la tangenziale per oltre un’ora (violenza privata, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e manifestazione non autorizzata) ma – udite, udite – ha concesso le attenuanti perché avrebbero agito «per motivi morali».
Ora, immaginate se chi scrive e il direttore di questo giornale, Maurizio Belpietro, in un momento di impazzimento ci mettessimo a occupare i binari della stazione di Milano per protestare contro l’aumento degli episodi di violenza in città. Secondo voi cosa accadrebbe? Giustamente i viaggiatori e i pendolari ci prenderebbero a pernacchie se non addirittura a ceffoni, e i giudici non avrebbero alcuna pietà; di questo possiamo essere non certi, certissimi. Ecco, sul palco del teatro torinese mi sono trovato nei panni del monumento imbrattato, della statua rovinata, ma soprattutto gli spettatori paganti erano come quegli automobilisti incazzati neri quando vedono quattro imbecilli stendersi per terra, impedendo loro di recarsi a un appuntamento di lavoro o di fare semplicemente quello che vogliono. Uno spettacolo in teatro è una delle massime espressioni di libertà, uno dei luoghi dove la libertà di espressione e di parola si esprime senza vincoli; nel mio Via Crux dedico una parte dello show proprio a questi nuovi ambientalisti de noantri, e non li tratto con i guanti bianchi, non li omaggio delle attenzioni che di solito l’informazione di casa nostra riserva loro. Fondamentalmente prendo per i fondelli il loro estremismo, i loro tic, le loro fissazioni (alcuni sostengono persino di non voler fare figli perché preoccupati per i destini dell’umanità!), le loro ridicole ansie. Ne ho per tutti, anche di chi tiene loro bordone.
La cronaca di quello che è accaduto, quella vera, autentica e senza filtri, è presto fatta: avevo da poco iniziato a parlare delle «follie green», e due militanti ambientalisti, senza nemmeno ascoltare quello che avrei detto, si sono catapultati sul palco esibendo uno striscione arancione contro gli idrocarburi; essendo il sottoscritto persona aperta a tutto, ho invitato le due gentili signorine a dire quello che volevano dire e a sgomberare velocemente. Nulla da fare, la più accanita, di fronte non agli insulti ma ai legittimi vaffa degli spettatori, continuava a ripetere: «Se non vi svegliate questi spettacoli non li potrete più vedere», «non si può essere solo spettatori» e altre amenità di questo tipo; le due, non a caso filmate da una loro collaboratrice, si sono sdraiate nel corridoio della platea, continuando a urlare slogan e impedendo di fatto lo svolgimento dello show.
Ora, in questo caso chi tiene in piedi la baracca, il sottoscritto, si trova nella scomoda posizione di dover decidere che direzione prendere: o affrontare a muso duro gli imbecilli oppure garantire che la serata si concluda come da programma. Ho scelto una via di mezzo, nell’interesse di chi aveva pagato il biglietto e voleva solo passare un paio d’ore senza rotture di scatole; dopo aver minacciato l’intervento della forza pubblica, trascorsi una ventina di minuti, i due fenomeni (più reporter al seguito) si sono accomodati fuori dalla sala tra le contumelie e il tripudio della gente. Riassunto: pur essendo un fautore della non violenza, la tentazione di prendere a pedate nel sedere chi invade i tuoi spazi illegalmente è stata molto forte. Ma non fatelo mai, è esattamente quello che vogliono questi teppisti vestiti di verde.
PS: Voglio precisare che una delle attiviste che è salita sul palco, Miriam Falco, nota anche al pubblico televisivo e
Ho dovuto resistere alla tentazione di cacciare subito le ragazze dal palco
Che cosa c’entra la tutela della natura con l’invasione degli spazi altrui?
radiofonico, ci ha gentilmente fornito un video contro il sottoscritto che fa parte dello spettacolo, pretendendo che non fosse tagliato, e così è stato. Per riconoscenza, su sua richiesta, le abbiamo fornito un paio, forse tre biglietti per la serata. Cose che si fanno sempre, in questo mestiere. Ovviamente non potevamo immaginare, io e la produzione, quello che tale Falco aveva in mente di fare con le sue colleghe. Però faccio notare il cortocircuito: hanno protestato contro uno spettacolo che hanno contribuito a costruire. Evviva.