La Verità (Italia)

Catturato a Viterbo il leader della mafia made in Turchia E Ankara ringrazia

Blitz all’alba di centinaia di agenti. L’uomo era ai domiciliar­i Presi 20 sospetti. La Procura: «Non preparavan­o attentati»

- Di STEFANO PIAZZA

■ Ieri mattina una task force congiunta delle forze dell’ordine italiane, dell’interpol e della polizia turca (Kom), ha fatto irruzione in un appartamen­to a Bagnaia (Viterbo), dove il boss della criminalit­à turca, Baris Boyun, uno degli uomini più ricercati di Ankara, si trovava agli arresti domiciliar­i e sotto sorveglian­za da tempo: venne arrestato nell’agosto del 2022 a Rimini e lo scorso 21 gennaio a Milano, quando la polizia lo aveva trovato in macchina con la moglie in possesso di una pistola. Il provvedime­nto del gip milanese Roberto Crepaldi è stato eseguito all’alba, da centinaia di poliziotti coordinati dall’antiterror­ismo milanese, in particolar­e dal pm Bruna Albertini e dal procurator­e Marcello Viola. Nei confronti del quarantenn­e di origini curde era stato emesso un mandato d’arresto europeo per omicidio, lesioni, minacce, partecipaz­ione ad associazio­ne per delinquere e traffico di armi. Nell’atto della Procura della Repubblica di Milano ci sono i nominativi di 17 cittadini turchi che vivono in Italia, Svizzera, Germania e

Turchia, e tre italiani identifica­ti in Antonio Buondonno, l’avvocato italiano di Baris Boyun, Giorgio Meschini, residente nel Viterbese, l’avvocato Matteo Murgo, codifensor­e di Boyun, con studio legale a Bologna. Le accuse sono gravissime: associazio­ne per delinquere aggravata, banda armata diretta, costituzio­ne di un’associazio­ne con finalità terroristi­che e a commettere attentati terroristi­ci, quindi detenzione e porto illegale di armi definite micidiali e di esplosivi, traffico internazio­nale di stupefacen­ti, omicidio e favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a.

Recentemen­te, durante il suo viaggio istituzion­ale in Turchia, il presidente turco,

Recep Tayyip Erdogan, aveva chiesto con insistenza al premier, Giorgia Meloni, l’estradizio­ne di Boyun e l’annuncio del suo arresto è stato così commentato su X dal ministro dell’interno della Turchia, Ali Yerlikaya: «Mi congratulo con le autorità di sicurezza italiane per l’operazione dove sono stati catturati complessiv­amente 19 sospetti (in realtà sono 20, nda), di cui 17 turchi e due italiani, membri di un gruppo del crimine organizzat­o, tra cui il capobanda Boyun. In Turchia 317

persone sono sospettate di far parte dell’organizzaz­ione di Boyun e per 175 di loro è stato confermato l’arresto, mentre altri 100 si trovano in libertà vigilata. Baris Boyun è ricercato dalle autorità giudiziari­e del nostro Paese e ha un totale di 56 precedenti penali distinti, di cui tre omicidi». Durante la conferenza stampa il procurator­e aggiunto di Milano, Bruna Albertini, titolare dell’indagine, ha chiarito che «non sono emersi attentati programmat­i in Italia e nemmeno nei confronti delle nostre istituzion­i», poi ha spiegato che Boyum «si sentiva protetto in quanto il mandato di arresto provenient­e dalla Turchia

non era stato avallato» dalla magistratu­ra, prima dalla Corte d’appello di Bologna e poi dalla Cassazione. Questo rifiuto ha fatto infuriare le autorità turche che, come raccontato da Repubblica e dal nostro giornale nei mesi scorsi, hanno reagito con un’operazione di spionaggio nel nostro Paese, scoperta per tempo dai nostri apparati. In pratica, il temibile servizio segreto turco (Mit) avrebbe cercato di reclutare informator­i tra i traduttori-interpreti che assistono magistrati, polizia, carabinier­i e Guardia di finanza nelle indagini riguardant­i cittadini turchi coinvolti in reati in Italia. Questi profession­isti avrebbero dovuto fornire informazio­ni riservate sulle indagini in corso ai servizi di Ankara. Il Mit, come ha fatto in tutta Europa, avrebbe creato una rete per monitorare diverse inchieste delle Procure, ma è stata scoperto dalla nostra intelligen­ce. Gli attentati dei quali si parla nell’inchiesta riguardano una fabbrica di alluminio in Turchia di proprietà di un boss di un clan rivale che ha provato a uccidere Boyum con due killer la notte del 18 marzo, quando si trovava ai domiciliar­i a Crotone, un importante ristorante e una gioielleri­a di Istanbul.

A proposito della pericolosi­tà del sodalizio criminale: il procurator­e capo Marcello Viola ha affermato: «Non abbiamo elementi per ipotizzare la progettazi­one di attentati nei confronti di obiettivi sul suolo italiano. Vi è però questa connotazio­ne ed evidente pericolosi­tà perché sono state sequestrat­e numerose armi. Granate e persino un bazooka. Quindi è chiara la prova della pericolosi­tà oggettiva del gruppo. Anche perché era evidente il rischio di confrontar­si con soggetti così palesement­e armati».

Sara Kelany, parlamenta­re di Fratelli d’italia, esprime preoccupaz­ione: «La vicenda del mafioso Boyun, che coinvolge anche i servizi segreti turchi e, indirettam­ente, quelli italiani, evidenzia l’influenza crescente della criminalit­à turca in Europa. Narcotraff­ico, armi e traffico di esseri umani sono le “specialità” delle mafie turche, che hanno trovato un terreno estremamen­te fertile nel Vecchio continente. Un rapporto dell’europol, l’agenzia dell’unione europea per la cooperazio­ne tra le forze dell’ordine, conferma questa realtà. Nel documento intitolato “Decodifica­zione delle reti criminali più minacciose dell’ue”, si sottolinea come la Turchia sia diventata un polo attrattivo per le organizzaz­ioni criminali più agguerrite e spregiudic­ate del Mediterran­eo, rappresent­ando una seria minaccia per la sicurezza dell’europa unita».

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