Berlino indietro tutta Lettera a Ursula: non fermate i diesel
Il ministro dei Trasporti alla Commissione: una nuova stretta sui limiti di inquinamento può bloccare otto milioni di veicoli
■ Achtung, achtung! Anche a Berlino hanno capito che il Green deal costerà caro e che milioni di automobilisti europei potrebbero presto trovarsi appiedati. Il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing, è molto preoccupato: una nuova interpretazione dei limiti di inquinamento dell’unione europea potrebbe portare al blocco di 8 milioni di veicoli diesel solo in Germania. E così, ha inviato una lettera alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiedendo chiarimenti urgenti su un caso in corso presso la Corte di giustizia europea. Nella missiva Wissing fa riferimento, in particolare, a una sentenza preliminare della Corte regionale di Duisburg sul rispetto dei limiti di emissione per i veicoli diesel Euro
5. Secondo la normativa Ue, i valori delle sostanze inquinanti devono essere rispettati nei centri di test nelle cosiddette condizioni di prova Nedc (New european driving cycle). Per l’omologazione di nuovi veicoli a partire dallo standard Euro 6d-temp (valido da settembre 2017 e seguito dallo standard definitivo Euro 6d, in vigore da gennaio 2020 e per tutte le nuove immatricolazioni da gennaio 2021) è in vigore la cosiddetta procedura Rde (Real-driving Emissions), che può essere usata per mappare determinate condizioni reali oltre al ciclo di prova. La procedura Rde è un test che misura le emissioni inquinanti dei veicoli durante la guida reale su strada, piuttosto che solo in condizioni di laboratorio.
W i ss i n g ha espresso preoccupazione perché la Commissione Ue sembra voler applicare i limiti di emissione anche al di fuori delle condizioni operative standard, includendo situazioni di guida estrema come quella a pieno carico con pendenza (quando un’auto viaggia in salita a pieno carico e il motore raggiunge la massima potenza possibile). «In base allo stato attuale della tecnologia, questo non è fattibile e rappresenterebbe quindi un requisito retroattivo irrealizzabile per i veicoli attualmente in circolazione», scrive Wissing. Questa interpretazione, insomma, potrebbe invalidare tutte le autorizzazioni Euro 5, con possibili ripercussioni anche sui veicoli Euro 6. Solo in Germania parliamo di 4,3 milioni di veicoli diesel Euro 5 e forse 3,9 milioni di veicoli Euro 6. In tutta l’europa a 27 i diesel Euro 5 e 6 ammonterebbero a oltre 50 milioni, il 48,6% dei 105 milioni totali. E qui in Italia ci ricordiamo ancora le polemiche nell’autunno 2023 per il blocco, poi evitato dal governo, dei diesel Euro 5 in Piemonte.
Le preoccupazioni del ministro tedesco sono fondate ma sono una nemesi per lui. A pochi giorni dalla seduta dell’europarlamento del 12 luglio che poi ha riconfermato Von der Leyen al vertice della Commissione, Wissing aveva infatti avvertito frau Ursula che il rifiuto di revocare il divieto di circolazione delle nuove auto a benzina previsto per il 2035 sarebbe stata una «gigantesca frode elettorale». In quel momento Von der Leyen e il suo Partito Popolare Europeo (Ppe) stavano negoziando con i gruppi politici per ottenere abbastanza voti per un secondo mandato parlamentare. Come parte dei negoziati, i socialisti avevano annunciato che il loro sostegno sarebbe stato condizionato al mantenimento del divieto de facto dal 2035 sulle nuove auto a benzina e diesel. Il ministro dei trasporti tedesco (membro del liberale Partito Liberale Democratico, l’fdp) aveva dunque alzato il pressing politico e scritto su X: «Se Von der Leyen si pronuncerà ancora una volta a favore di un divieto sui motori a combustione, la Cdu (il partito di Ursula, ndr) perderà tutta la sua credibilità, sarebbe come una gigantesca frode elettorale».
Intanto, anche la presidente dell’associazione tedesca dell’industria automobilistica (Vda), Hildegard Müller, ha invitato il governo federale e la Commissione europea a chiarire rapidamente l’omologazione dei vecchi veicoli diesel. Müller ha dichiarato al Rheinische Post di Düsseldorf che la Commissione Ue deve ottenere l’approvazione tramite un chiarimento legale. «L’applicazione retroattiva di nuove procedure e standard costituirebbe in ogni caso una violazione del principio di non retroattività e dello stato di diritto nel diritto costituzionale dell’ue e tedesco».
Sullo sfondo, continua il momento difficile per i costruttori europei dell’automotive che devono fare i conti con l’aumento dei costi di produzione, una domanda interna azzoppata dalla congiuntura e con la frenata delle vendite di vetture elettriche che stanno zavorrando Stellantis, ma anche la più solida Volkswagen (nel secondo trimestre, ha segnato un calo