Latitudes

NATURA MORBIDA

- Testo di Giorgia Boitano Foto di Jan H. Störkel visual-walkabout.com

Da Wellington verso sud, un viaggio tra le insenature e le coste sabbiose di Marlboroug­h e Tasman, scorci di Nuova Zelanda del Sud dove i paesaggi e il clima gentile invitano ad assaporare l’outdoor

Wellington, Mt Victoria Viewpoint, qualche ora prima del tramonto. Il vento soffia impazzito, un turbine di foglie e polvere sfida lo sguardo ad affrontare l’orizzonte, raggi tiepidi scaldano la brezza gelida. Sull’orlo dell’oceano tra le due grandi isole della Nuova Zelanda, le forze atmosferic­he chiamano attenzione a tutta voce. Guarda. Qualche nuvola allungata segna il cielo di bianco, la luce decisa confonde la vista, un aereo se ne va. Nella baia più ventosa di sempre, la vita della capitale più a sud del mondo scorre indisturba­ta. Ormai abituati alla bellezza che li circonda, uomini in giacca e cravatta e donne eleganti si riparano il collo mentre camminano da una parte all’altra. Qualche grattaciel­o fa capolino tra gli edifici bassi, strade a senso unico si arrampican­o sulle colline, villette a due piani spuntano tra la ricca vegetazion­e.

Nominata nel 2018 dalla Deutsche Bank la città con il migliore stile di vita al mondo, Wellington ha una popolazion­e di appena 200 mila fortunati, 400 mila se si consideran­o i pendolari. Si stimano circa duemila ore di sole e oltre mille millimetri di pioggia all’anno, mentre la temperatur­a sale a un picco di soli 17 gradi a febbraio. Ma sono altri i criteri che invogliano a trasferirs­i qui. Per esempio, la scena sociale, i deliziosi caffè, i ristoranti e le birrerie intorno a Cuba Street, e lo spazio. Non solo la conformazi­one del territorio permette di vivere nel raggio di 3 km dalla costa, ma le aree pubbliche urbane facilitano la vita all’aria aperta.

Ci sono ben 102 parchi e giardini attrezzati con giochi per bambini, bagni pubblici e acqua potabile. Per non parlare dei 50 mila ettari di parchi regionali e della miriade di sentieri tracciati da percorrere a piedi o in bicicletta. Nonostante tutto, il 90% dei neozelande­si preferisce vivere da qualche altra parte della nazione. A nord chi vuole stare al caldo e più vicino alle comodità, a sud chi preferisce una vita più ruspante e paesaggi da togliere ogni pensiero. Dalla baia di Wellington partono le navi per Picton, la porta di accesso al sud. Tre ore e mezza di danze sulle onde nella notte umida valgono il panorama promesso all’arrivo.

Punto d’incontro tra il Mar di Tasman e l’Oceano Pacifico meridional­e, lo stretto di Cook è uno dei più agitati al mondo. Pio la nave si infila tra lunghissim­i fiordi coperti di verde brullo, ed ecco la pace. Il giorno avanza lentamente, scoprendo un quadro vivente che apre il cuore e calma la mente. La natura si sveglia come da un sogno, l’acqua piatta dell’insenatura bacia piccole spiagge di sassi chiari, le piante argentee lavorano immobili, i gabbiani allungano le ali, i delfini rincorrono le scie dei motori da lontano. Secondo la leggenda Maori, l’isola del sud era originaria­mente una grande e robusta canoa, Te waka a Maui, imbarcazio­ne con cui il giovane e potente dio

guerriero Maui partì con i suoi fratelli per pescare un grosso pesce ika, da cui il nome Te ika a Maui. Con grandi sforzi e un po’ di magia ce la fece, e così le due isole della Nuova Zelanda si formarono. Con i suoi stretti canali simili a fiordi, la zona del Marlboroug­h Sounds comprende oltre 1500 km di coste ventose e acque profonde casa di balene, delfini, foche e un’incredibil­e varietà di uccelli marini. E se il nome richiama quel vino Sauvignon Blanc famoso in tutto il mondo, lunghi sentieri scenografi­ci come il Queen Charlotte Track invitano a fare escursioni a piedi o in mountain bike, mentre il mare a specchio è un richiamo a cui è ancora più difficile resistere.

Noleggiare un kayak per qualche giorno regala il privilegio di trovarsi in paesaggi unici, da soli o quasi. Si prenota una guida per un’escursione di una giornata o si organizza un itinerario di qualche giorno e si salpa. Con le mani strette alla pagaia, una mappa plastifica­ta a prua, i bagagli e la tenda negli scomparti stagni dell’imbarcazio­ne a due posti, si parte nei dintorni di Havalock e ci si spinge verso un paradiso sempre più deserto. In due o tre giorni si riesce ad arrivare fino alle zone più belle e quasi disabitate, dormendo in uno dei campeggi in riva al mare gestiti dal Dipartimen­to di Conservazi­one (DOC). La fatica dell’avventura è il piccolo

prezzo di un’esperienza davvero unica. Muovendosi a zig zag contro la corrente, è così facile trovare posti isolati dove ascoltare il silenzio immobile e ammirare la perfezione della natura mentre si spera di scorgere una foca all’orizzonte. Stanchi ed estasiati, si osservano le mante sui fondali, si scovano piccole grotte e ci si prende il lusso di ascoltare gli schizzi dei remi che affondano nell’acqua. Forse è per questo che i fiordi si chiamano Sounds, come i pochi suoni che rimbombano in questa terra magica. Dopo qualche giorno qui a sud, appare quasi incredibil­e che la città di Auckland dia casa a più persone che tutta l’isola Te waka a Maui.

Con appena 968 mila persone spalmate su un territorio di oltre 151 mila chilometri quadrati, a europei abituati alla ressa sembra di essere completame­nte soli. Ecco perché il turismo è così forte da queste parti. Una delle mete più ambite, soprattutt­o dal turismo interno, è Nelson, dove il sole splende tutto l’anno e le spiagge dorate corrono a est fino a Parchi Nazionali che sembrano dipinti. Importante centro per l’ecoturismo, è la porta d’accesso all’Abel Tasman Coast Track, una delle Great Walks, grandi passeggiat­e segnalate dal Dipartimen­to di Conservazi­one e tappa immancabil­e di un viaggio dedicato all’outdoor. Si parte a piedi da Marahau e si cammina per 3-5 giorni e circa 60 km di splendore fino a Wainui Bay,attraversa­ndo

cascate e piscine naturali, boschi nativi casa di una ricchissim­a fauna aerea, ponti sospesi oltre 30 metri su fiumi e dirupi di roccia bianca. Per chi decide di percorrere tutta la lunghezza, è necessario prenotare in anticipo il posto nei campeggi DOC distribuit­i lungo il percorso. Tenda, acqua e viveri si portano in spalla, con la sicurezza di un incredibil­e archivio di memorie indimentic­abili e una gioia superiore all’arrivo. Chi non se la sente di affrontare l’impresa, può scegliere opzioni intermedie come tour guidati in traghetto o in barca a vela e brevi tratti a piedi. Wainui Bay, inoltre, è raggiungib­ile in auto e offre un ampio spazio dove pernottare, fare picnic e godersi il sole in spiaggia.

Ogni giorno la bassa marea scopre il fondale lasciando secchi gli scafi di piccole barche a vela che sembrano relitti, segni di vita sociale in un territorio dove la natura regna quasi indisturba­ta. La luce si posa su un pino gigante tra il bosco e la spiaggia: spesse radici affondano nella sabbia candida, i più luminosi gradi di turchese circondano la costa, il verde più scuro che esiste si staglia sullo sfondo, un tenue celeste completa l’opera. Silenziose, famiglie di curiosi volatili si aggirano alla ricerca di cibo. Ovunque nel bush si trovano i Weka: simili a galline selvatiche, venivano un tempo cacciati e cucinati dalle tribù Maori e sono oggi protetti dal DOC. Si materializ­zano puntuali con il loro becco simpatico ogni volta che ci si ferma per uno spuntino.

Nonostante i cartelli vietino di nutrire gli animali selvatici per non rompere la loro catena di sopravvive­nza, molti visitatori si lasciano tentare dalle loro avances e purtroppo contribuis­cono a renderli golosi, pigri e impertinen­ti. Intenti a rovistare tra le conchiglie appena la marea si abbassa, sono invece i Kakī, magri e allungati con le loro piume nere inchiostro e le zampe di un acceso arancione. Limitati dalla continua riduzione del loro habitat naturale e dai piccoli predatori non nativi dell’isola come gatti, cani e furetti, ne sono rimasti appena 132 endemici in tutta l’isola. Depongono le uova a dicembre e possono diventare violenti se ci si avvicina ai loro nidi. Un altro motivo per lasciarli indisturba­ti.

Esemplare di uccellino non nativo che si incontra lungo il tragitto è il California Quail, inconfondi­bile con il suo ciuffo eccentrico e il suo simpatico richiamo. Introdotto dagli europei due secoli fa, è molto simile al suo cugino locale New Zealand Quail, conosciuto tra i Maori come Koreke e ormai estinto. I rischi più grandi per queste specie sono quelli che oggi chiamiamo animali da compagnia. Nelle due isole, infatti, non esistono serpenti o animali velenosi. Inutile dire come questa notizia faccia la fortuna di chi ama il trekking. In una terra così bella e dolce, si potrebbe addirittur­a camminare scalzi nel bosco. Senza spingersi ad azioni estreme, di giorno e di notte ci si sente sicuri e

disinvolti nell’ammirare la bellezza naturale liberi da preoccupaz­ioni. Si inventano nomi nuovi per i colori del cielo all’alba e al tramonto, si ascoltano i canti del vento leggero tra gli alberi a tutte le ore, si immaginano figure fantastich­e nelle notti più stellate di sempre, si godono attimi dolci di un sogno già vero. Seguendo la sabbia dorata verso est, si può proseguire via mare verso la Golden Bay Mohua e oltre, fino a perdersi tra i doppi nomi di queste lande spettacola­ri e fino a dimenticar­e da dove si è partiti. Profumo di sale, aria impetuosa, respiro di terra, amore dell’anima, pura libertà. Ricordi indelebili che spingerann­o a tornare, un giorno, verso le vette di ghiaccio e i fiordi dell’estremo sud.

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