Il salva-Stati fa schifo Lo pretende solo Conte
Giuseppe attacca Meloni e Salvini ma non spiega perché difende un fondo uccidi-risparmi. La Ue: già approvato. La Lega: raccolta firme per bloccarlo
Altra carta inguaia l’Avvocato del popolo. Renzi: non so se regge
Il bisConte dimezzato. Il presidente del Consiglio si è presentato in Parlamento con una mano davanti e una didietro, a coprire le vergogne di un governo malconcio, che non è mai stato così vicino all’abisso. Poco più di tre mesi fa, il 20 agosto, per rimanere sulla poltrona di Palazzo Chigi nonostante un cambio di maggioranza a 180 gradi, il premier aveva pronunciato un discorso tutto (...)
(...) contro Salvini, coprendolo di contumelie. Poiché giaculatoria che vince non si cambia, ieri il professor Giuseppe ha ripetuto il copione, ma anziché forza ha dimostrato debolezza.
Conte stavolta non doveva chiedere la fiducia a centinaia di parlamentari disposti ad accordarla a chiunque pur di non tornare a casa. Il premier era chiamato rispondere all’accusa di tradimento degli italiani che gli ha mosso l’opposizione, rimproverandogli di aver dato il via libera al Mes, il fondo europeo salva-Stati, che secondo Salvini e Meloni, ma ultimamente anche per Di Maio, salva Germania e Francia e condanna noi. Il risultato del sermone è che da ieri lui e il suo governo sono più fragili.
La difesa del premier è stata un maldestro arrocco, nel quale egli ha accomunato negli insulti il leader della Lega e la capa di Fratelli d’Italia, regalando a quest’ultima una medaglia da appuntarsi al petto. L’ex ministro dell’Interno è stato accusato di non leggersi i dossier e Giorgia è stata descritta come una seminatrice di terrore. Il presidente del Consiglio però non ha saputo spiegare perché il Mes sarebbe un toccasana, il che ci fa sospettare che neppure lui compulsi i documenti o che essi celino un imbroglio. Non è stato un buon avvocato per gli italiani né per se stesso, risultando tranquillizzante solo quando ha spiegato di non aver apposto la firma definitiva all’eurofregatura.
Dopo l’arringa del presidente in pochette, Salvini ha forse per la prima volta pensato che il governo stia per cadere, e perfino lo spaesato Di Maio si è sentito più forte. L’intervento di Giuseppe ha confermato le perplessità della vigilia, ovverosia che il Mes conviene solo al Pd, che ormai ha fatto della sudditanza a Francia e Germania, truccata da europeismo, il proprio marchio di fabbrica, e a Conte, che se perde anche l’appoggio della Merkel è costretto a ritornare agli studi di diritto. La mia poltrona val pure un Mes, è stato il senso del sermone parlamentare dell’avvocato, che parlava con da una parte Di Maio, il suo inventore, e dall’altra Gualtieri, l’economista del partito di Bibbiano, come con disprezzo i grillini chiamano il Pd. Il premier ha ignorato il primo e continuava a volgersi verso il secondo, cercandone l’assenso, con gli occhi supplici di chi vede la propria sorte nelle mani della persona che ha di fronte.
QUESTIONE TECNICA
Il presidente, per difendere il Mes e il suo operato, l’ha buttata in politica, quando invece la questione è solo tecnica: ci conviene firmare il patto o no? Contro il salva-Stati si è schierata l’opposizione, ma anche M5S, che in Parlamento vale il 34%. Pure a Renzi non piace, visto che ha dichiarato che il piano aiuta le banche tedesche e ha disertato il vertice che avrebbe dovuto approvarlo. Quanto all’ex ministro Tria, che di economia capisce ed era con Conte a Bruxelles quando si discusse il piano, ha sempre detto che l’intesa gli faceva un po’ schifo, prima che lui almeno evitasse la ristrutturazione del debito a spese degli italiani, prevista dall’accordo iniziale. Il Meccanismo non piaceva manco al Pd, quando stava all’opposizione. La pasionaria Lia Quartapelle in Aula rimproverò i gialloverdi di voler ulteriormente subordinare i conti italiani al placet della Ue, mentre l’europarlamentare Pittella e il capogruppo al Senato Marcucci puntarono il dito sulle «condizioni asfissianti per l’Italia». Un po’ come l’ex confindustriale Galli, che parlò chiaramente di un favore alla Germania.
«Il salva-Stati si può ancora cambiare perché non è stato formalmente approvato, ma occorre trovare alleanze e un appiglio giustificativo»
«Forse lei non si è accorto che quella che sarà in discussione è l’idea che, a maggioranza, altri Stati europei possano decidere di ristrutturare il debito italiano»
«L’adesione al nuovo Mes merita un ampio confronto e la verifica di alcune condizioni imprescindibili a difesa degli interessi del nostro Paese»
«È un meccanismo rischioso. Saranno necessarie politiche prudenti per non attivare il controllo del debito pubblico italiano»
«La riforma del Mes rende più facile l’imposizione della ristrutturazione a un Paese in crisi e per questo rappresenta un rischio»
«La riforma del Mes deve essere gestita con attenzione perché potrebbe comportare rischi enormi»
«Non so nulla l’ho letto sui giornali, ma se passa il Mes non compriamo più i titolo di Stato»
GLI ECONOMISTI
Non maggiore successo il salva-Stati riscuote sul fronte economico. Cottarelli, che l’europeista del Colle ben avrebbe visto a Palazzo Chigi al posto dell’attuale inquilino, ha dichiarato che il Mes rischia di provocare più danni che benefici, perché il suo rigido meccanismo d’applicazione può scatenare i mercati contro gli Stati in difficoltà. Opinione pessima del fondo hanno anche gli istituti di credito, nei loro massimi rappresentanti. Il governatore di Bankitalia Visco ebbe a dire che anche solo nominare il Mes può far male all’Italia, mentre il presidente dell’Associazione Bancaria, Patuelli, minacciò di smettere di comprare titoli di Stato italiani se l’accordo fosse entrato in funzione.
Ma Conte non fa un plissé. Risponde con argomenti politici all’accusa tecnica di averci danneggiato. Rinfaccia a Salvini e Di Maio: lo sapevate... E dimentica che il leader della Lega ha fatto cadere il governo proprio dopo che è scoppiato l’amore tra M5S e l’Europa. L’avvocato degli italiani, se vuol difendersi con successo, deve solo spiegare perché il Mes non è una iattura mentre quasi tutti sono convinti che lo sia. Visto da fuori Bruxelles, il Meccanismo funziona più o meno così: l’Europa ci chiede 100 euro oggi con la garanzia che, se ne avremo bisogno domani, ce ne restituirà 20 a condizioni capestro.
Per tranquillizzarci, gli economisti di sinistra sostengono che tanto l’Italia non avrà bisogno dell’aiuto, senza però riuscire a illuminarci sul perché dovremmo assicurarci per un rischio che non corriamo. Purtroppo in Europa vantiamo tragiche esperienze in materia di salvataggi. Nel 2011 aggiustammo a nostre spese i conti malmessi delle banche tedesche, spagnole e irlandesi, e per ringraziarci la Merkel ci mandò Monti. Poi, quando toccò alle nostre quattro banchette, la normativa europea del bail-in fece pagare agli obbligazionisti privati il prezzo del fallimento di Etruria e delle altre. E ci fu chi si sparò. Franceschini e compagni, perché sul punto Zingaretti latita (che sia tornato a pensare alle elezioni?), per sostenere il Mes si giocano il fantasma dello spread: se non lo firmiamo ci dimostriamo inaffidabili e gli interessi sul debito decollano. Si mettano d’accordo con banchieri ed economisti più preparati, che sostengono l’opposto.
Il premier Giuseppe Conte