Il grillino col bonus negò un aiuto a chi cura i disabili
■ Egregio direttore, non voglio scriverle circa la polemica sui nomi dei cinque parlamentari che hanno chiesto il bonus da 600 euro per le partite Iva, né per fare distinzione tra chi di loro lo ha chiesto ed ottenuto e chi lo ha chiesto e non lo ha ottenuto. Sono eticamente alla pari. Voglio invece scriverle sul fatto che, mentre i cinque forse avevano già chiesto il bonus, nella seduta alla Camera del 24 aprile, furono 220 i parlamentari della maggioranza che votarono contro l'ordine del giorno a prima firma di Massimiliano De Toma che prevedeva l'estensione del bonus anche ai caregiver familiari, cioè coloro che 24 ore al giorno si prendono cura di un congiunto con disabilità grave.
Tra i 220 vi è il grillino Rizzone, di cui ho letto le scuse per aver chiesto ed ottenuto il bonus. L'on. Rizzone potrà anche restituire il denaro percepito secondo legge, se ciò è di sollievo alla sua coscienza, ma non potrà mai cancellare quel voto contrario con cui, mentre lui otteneva il bonus di cui forse non aveva bisogno, ne impediva la fruizione a migliaia di cittadini elettori, tra cui proprio i caregiver familiari che ne avevano bisogno, tanto più nel periodo di lockdown. Dunque il tema su cui riflettere non è il Rizzone di turno che pur legalmente ha ottenuto il bonus a scapito di altri che forse ne avevano reale necessità, ma il voto espresso dal Rizzone di turno che, mentre chiedeva per sé, negava ad altri e, casualmente, quegli "altri" sono coloro che hanno in famiglia un congiunto con disabilità grave, fattore questo di impoverimento del nucleo familiare.
In questa riflessione etica e politica, però, non possiamo consentire che fatti come quello accaduto possano alimentare un sentimento anticasta che facendo di tutta un'erba un fascio tiri la volata, in modo improprio, al taglio lineare dei parlamentari. Non è tagliando la rappresentanza parlamentare che 60 milioni di italiani avranno la certezza che 600 parlamentari al posto di 945 non replicheranno l'accaduto. Non è il titolo di onorevole che qualifica la persona, ma i suoi comportamenti nella vita di tutti i giorni.