Cittadinanza facile a chiunque tranne al calciatore milionario
Inchiesta sugli esami di italiano di Suarez
■ Se l’arrivo alla Juve è sfumato, la partita “cittadinanza italiana” per Luis Suarez è appena all’inizio. Tutto pareva andare come da pronostico con l’esame della nostra lingua (livello B1, buona padronanza) superato a Perugia dal calciatore uruguaiano, ma il contropiede della Guardia di Finanza del capoluogo umbro lascia intravedere ribaltoni e cartellini rossi. Magari anche all’iter per il passaporto tricolore che Luis chiede perché sposato con Sofia Balbi (origini friulane) e diventare tesserabile come comunitario in serie A.
La vicenda deflagra ieri, benché già dallo scorso febbraio le Fiamme Gialle avessero messo nel mirino quel che succedeva all’Università per Stranieri di Perugia. Ma quando gli inquirenti si sono ritrovati fra le mani l’affaire Suarez («per caso», ammette il procuratore capo, Raffaele Cantone) la cosa era troppo grossa da tenere riservata. Selvaggio Sarri (ah, quel cognome...), il tenente colonnello della Guardia di finanza al lavoro sul caso, spiega che «gli hanno fatto imparare a memoria l’esame. Alla Juve interessava il giocatore, ma le serviva che fosse comunitario. L’università cercava prestigio. Suarez è sveglio, capiva di essere agevolato. Ha beneficiato di condotte illecite di altri». Dunque una truffa. Sono girati dei soldi? Al momento non risulta, così come non risultano indagati né la Juve né il calciatore, anche se è chiaro che potrebbero essere sentiti: Luis nei giorni precedenti avrebbe concordato gli argomenti durante le lezioni con i docenti, mentre la Juve «attraverso il suo staff si era rivolta all’Università per sapere se ci fosse stata la possibilità di far svolgere l’esame di italiano», spiega Sarri.
Il presunto privilegio negato al calciatore milionario, quello di una cittadinanza da ottenere così rapidamente grazie a un coniuge di origini nostrane (ma lo consente la legge), ha eccitato gli animi puri e la sinistra pro-immigrati, compresi quei vipponi che si stracciavano le vesti nei giorni scorsi. “Ben gli sta”, è il loro pensiero, “ai migranti extracomunitari servono almeno 10 anni di permanenza legale nel nostro Paese”, per non parlare “di chi nasce in Italia da genitori stranieri che può richiedere la cittadinanza solo a 18 anni compiuti se non l’hanno già mamma e papà”. E che cattivone quel Salvini, che col Decreto Sicurezza del dicembre 2018 obbliga i richiedenti a dimostrare di conoscere l’italiano almeno a livello B1; peccato che accada lo stesso in Paesi come Austria, Germania che a volte fa comodo prendere a modello, altre no. E via, con un profluvio di ius sanguinis, ius culturae, ius soli.
I NUMERI
In realtà l’Italia è ambita dagli immigrati anche perché non pare una muraglia insuperabile in fatto di concessione di cittadinanza. I numeri Eurostat sono espliciti. Nel 2018, è 672.300 persone sono divenuti cittadini Ue: Germania 116.800, poi Italia (112.500), Francia (110.000), Spagna (90.800) e Svezia (63.800). Ora, fa sorridere come nel Paese dei furbetti, della cittadinanza facile anche per molti di quei disgraziati che (almeno inizialmente) lo Stato si prende a carico perché non hanno nulla, non si faccia molto per incentivare (non favorire ingiustamente) coloro che assieme al passaporto porterebbero anche ricchezza e “indotto”. Per restare al signor Suarez, se fosse arrivato alla Juve con il promesso ingaggio da 10 milioni netti per tre stagioni, avrebbe portato nelle casse dell’Erario 9 milioni (3 all’anno, rientrando nella detassazione del Decreto Crescita). Oltre a quel che ne consegue di avere un nuovo paperone in città.
Eppure, per ricconi come calciatori, imprenditori o altre categorie, ci sarebbe pure la strada del comprarsela, la cittadinanza. Si può, a caro prezzo, in 20 Paesi Ue, Italia compresa, sebbene ne approfittino anche personaggi discutibili e al limite della legalità. Quanto costa? Come riportava businessinsider.it, «in Italia si chiedono 2 milioni di investimenti in titoli di Stato», oppure 1 milione per imprese o scopi filantropici o, ancora, 500mila euro in start-up innovative. Anche in Portogallo ci vuole 1 milione, oppure investimenti di rilancio nel settore immobiliare o la creazione di 10 posti di lavoro. A Cipro servono 2 milioni in beni immobiliari, imprese o titoli statali. Se poi vi piace l’Austria, con circa 10 milioni è fatta...