RITORNO A TIERRAS
NIENTE COLORE. MEGLIO LA NEUTRALITÀ DEL COTTO, IL GUSTO MATERICO DELLA LAVA E DELL’ARGILLA. PATRICIA URQUIOLA E MUTINA REINVENTANO LA SUPERFICIE. CHE DIVENTA ARCHITETTURA
‘Viandante, un cammino non c’è; il cammino si fa camminando’. Massimo Orsini e Patricia Urquiola riscrivono insieme i due versi di Antonio Machado attraverso la pratica progettuale e industriale. Lui è parte di quel quartetto che nel 2006 ha dato un’anima nuova a Mutina, lei è una dei designer che quell’anima ha contribuito a immaginare. Ultimo tratto del cammino è la collezione Tierras, due anni di ricerca a partire da una parola antica e carica di senso, piena di implicazioni narrative: terracotta. «Come non averne paura?», si domanda vulcanica Urquiola. Ha tutta una storia sua la terracotta, di secoli. Tra timore e coraggio l’intervallo è breve: prima di tutto c’era da togliere colore alla ceramica. «Ma soprattutto non volevo alcun segno di lucentezza», precisa la spagnola. Tierras industrial doveva radicarsi alla neutralità, avere in sé la semplicità dell’acqua, giocare con l’armonia della polvere, declinarsi nelle forme più libere. «Abbiamo cominciato con una base nera: il nero avrebbe assorbito ogni cromatismo della
superficie, tolto energia al pattern finale». Che è infatti caldo e neutro come il cotto, un cotto tecnologico però. E poi c’era da andare oltre. Ecco allora Tierras artisanal: tradisce la pura bidimensionalità per dare alla collezione un orientamento architettonico, 3D. I protagonisti sono in queste pagine: Little L, Little Roman, Big Roman e Bis-cotto, primo progetto modulare, autoportante Mutina. Un diaframma fatto di vuoto e di geometria, flessibile a usi molteplici e personali. Se al tatto la collezione dà sensazioni antiche e materiche, le performance d’uso sono contemporanee: le superfici non si macchiano, per essere pratiche, e sono facili da pulire. Sei le colorazioni: due lave (una chiara e una scura) e quattro argille (dal chiaro allo scuro). In tanta ricercata volontà del non colore, un piccolo particolare assume a tratti caratteri da protagonista: la fuga. Unico elemento che tradisce l’opacità: veramente colorato, è un guizzo decorativo, elemento di tensione che dà vita alla neutralità del cotto.