SPERIMENTAZIONI
Il workshop dura quattro giorni. La sede è il Du Parc di Ruben Levi, apartment hotel razionalista di fine Sessanta con importante corredo di arte contemporanea. I designer invitati da IN Residence, sei per ogni edizione, dormono in una delle 75 suite, tra quadri di Mario Schifano e specchi di Michelangelo Pistoletto. Sono giovani e promettenti. Per loro, il programma di residenze curato da Marco Rainò e Barbara Brondi è una vetrina e un’occasione di confronto. Per i 24 studenti ammessi a partecipare, invece, è una scuola. «Ma nessuno paga», rimarca Brondi. «Il programma si sostiene grazie agli sponsor». Nato nel 2008 a corollario di Torino World Design Capital, IN Residence ha festeggiato quest’anno l’ottava edizione con una sessione speciale in Biennale a Venezia, ospiti del Padiglione Svizzero curato da sua eminenza Hans Urlich Obrist. «La Torino del design è un incubatore di idee», osserva Brondi. «Forse perché non ci sono tante risorse. Non potendo pensare di metterci in competizione con Milano, ci si inventa cose diverse. Nascono qui e spesso crescono in altri posti». A volte rimangono. È il caso di Officine Arduino, che a Torino ha aperto il primo Fablab d’Italia. Un laboratorio dove «puoi produrre praticamente qualsiasi cosa» grazie a stampanti 3D e altri macchinari a controllo numerico. Lo frequentano i maker, artigiani digitali. Quelli che il mese scorso si sono radunati a Operae, il festival del design indipendente e autoprodotto. Anche questo, una creatura nata all’ombra della Mole.