Annabelle selldorf
PROPORZIONE, ARMONIA, SENSO DELLA COMPOSIZIONE. VALE PER UN GRANDE MUSEO – E LEI NE HA PROGETTATI MOLTI – COME PER L’APPARTAMENTO SULLA QUINTA STRADA. «MI PIACE GIRARE DA UNA STANZA ALL’ALTRA, VEDERE COME TUTTO COMBACIA», DICE L’ARCHITETTA TEDESCA, «L’IMP
L’appartamento sulla Fifth Avenue parla di armonia, equilibrio, proporzione. Proprio come le sue architetture, dai building ai musei internazionali, che ama progettare «con mano invisibile»
Per quanto One Fifth Avenue, l’elegante palazzo Art Déco dove vive Annabelle Selldorf sia formale, la sensazione è di essere nel cuore di Downtown. Sarà la vicinanza con i locali del Village, i musicisti di Washington Square Park o i neo punk di St Marks Place, sta di fatto che questo tratto di Quinta Strada è sicuramente meno affettato dell’Upper East Side. «Ho sempre amato la diversità culturale della zona», racconta la progettista tedesca, tra i più autorevoli architetti di spazi espositivi e museali, affacciandosi alla lunga fila di finestre al quinto piano. Il suo appartamento è un’isola silenziosa, da scoprire senza fretta nelle diverse ore del giorno: «Ho un grande salotto non perché mi piaccia stare seduta sul divano, piuttosto è un luogo di osservazione dove assistere al dialogo tra gli oggetti e cogliere i cambiamenti, a seconda della luce». Per l’esperta l’occhio è parte integrante dell’abitare. Le sue architetture moderniste, dalla Neue Galerie di Manhattan allo spazio culturale Luma di Arles in Francia, seducono lo sguardo, senza invaderlo. IanWardropper, direttore della Frick Collection, il prestigioso museo-abitazione dell’Upper East Side di New York, l’ha scelta per il delicato progetto di ristrutturazione e ampliamento dell’antico edificio, pronto nel 2019. «Sono una persona visiva», spiega lei mentre bolle un uovo alla coque («amo stare in cucina»). E aggiunge: «Ho concepito questa casa come una composizione, mi piace girare da una stanza all’altra, vedere come tutto combacia». L’equilibrio è alla base del suo lavoro: capire la personalità di chi ci vive, il contesto, individuarne le diverse parti, farle comunicare in una totalità armonica. Fatta anche di cambiamenti minimi, come le venature del marmo che dopo lungo tempo hanno sostituito il cemento:
«Quando comprai l’appartamento provai un senso di malinconia pensando all’ex proprietario che aveva coperto il suolo di calcestruzzo con strati di tappeti, io l’ho scoperto e l’ho mantenuto così, grezzo e pregno di vita per dieci anni». Nonostante abbia progettato tra le più famose gallerie del mondo, dal palazzo monumentale di David Zwirner a Chelsea agli spazi Hauser & Wirth e Gladstone, Selldorf non si considera una collezionista: «Assemblo opere d’arte con oggetti del mio passato. Quella scultura di FranzWest l’ho comprata perché è pensata per interagirci, è un quadro, un vaso e un armadietto dove nascondere segreti». L’ingresso dell’appartamento è la sua piccola galleria personale: «A differenza del loft dove ho vissuto prima, qui finalmente, quando esco di casa o al rientro, guardo i miei disegni e mi rilasso». Nata a Colonia nel 1960, cresce a fianco di artisti, musicisti e scrittori. I suoi genitori, madre artista e padre architetto, la iniziarono all’arte sin da piccola: «Andavamo per musei e gallerie. Ho imparato tutto da loro, la cosa più importante è non essere dogmatica. Molte volte la gente pensa che il mio stile sia minimal, no, è maximal». L’ultimo progetto in cantiere, l’ampliamento del Museum of Contemporary Art di San Diego affacciato sull’oceano ne è un esempio. Selldorf si sintonizza con il luogo senza imporre un rigido punto di vista, alla ricerca dell’essenza dello spazio, dando valore a chi lo vive piuttosto che a una forma particolare. «Il nuovo museo sarà meta ideale per chi ama l’arte e per chi, dopo una passeggiata in spiaggia, vorrà soltanto sperimentare l’edificio». La sfida è creare la giusta proporzione, accogliere i visitatori e, in qualche maniera, cambiarli. Una delle sue ispirazioni è il centro di ricerca medica Salk disegnato
«ATTUALMENTE MI STO OCCUPANDO DELLA RISTRUTTURAZIONE DELLA FRICK COLLECTION, PRESTIGIOSO MUSEO-ABITAZIONE DELL’UPPER EAST SIDE»
da Louis I. Kahn a La Jolla, a poche miglia dal museo di San Diego: «L’architettura di Kahn riflette una civiltà sofisticata, concilia natura e bellezza, è un potenziatore di intelligenza e capacità umane». Con simile lucidità la progettista indaga i bisogni reali di un luogo traducendoli con precisione e grazia. «I newyorkesi amano la Frick Collection e hanno paura che io possa stravolgerla». Questo non è il suo obiettivo, anzi. I cambiamenti, promette, saranno impercettibili, in una continuità ideale con quello che c’è sempre stato. La collezione di arte antica, da Giovanni Bellini aWilliam Turner, continuerà a dialogare con gli ambienti domestici e il legame tra spazio e opere sarà abilmente migliorato. «Dal 1935 non è mai stata fatta una ristrutturazione, il palazzo ha bisogno di alcuni interventi. Ma devo farli senza che le persone se ne accorgano. La mia sarà una mano invisibile, non a tutti gli architetti piace fare questo tipo di progetti, ma a me sì». Altro discorso per il complesso residenziale di 20 piani sulla Dodicesima Strada, a due passi da casa sua, che avrà un impatto importante: «Il grattacielo rifletterà la luce e ne aumenterà la percezione dal marciapiede». Per Selldorf fondamentale è la longevità di un edificio, come influirà sul contesto urbano e come cambierà la suggestione degli abitanti. «Ci cammino sotto ogni giorno per andare in ufficio, devo assicurarmi che venga bene», sorride, avvicinandosi alle finestre e allungando lo sguardo verso il suo scorcio di Downtown. SELLDORF.COM