UN’ESTATE FA
IL NIPOTE TOMMASO SROTOLA LA BOBINA DEI RICORDI E RACCONTA SUO NONNO, UNO DEI PIÙ IMPORTANTI PROGETTISTI DEL NOVECENTO. LA TRIENNALE DI MILANO LO CELEBRA CON UNA MOSTRA
Può capitare di passarci davanti e non vederla. Villa Borsani è nascosta tra i grandi abeti del giardino, immersa nel silenzio di un paese di provincia che elogia la lentezza. Si trova a Varedo, piccolo comune della Brianza a nord di Milano e città natale di Osvaldo Borsani, uno dei più importanti progettisti del Novecento. «Fu lui a costruirla negli Anni 40 per suo padre Gaetano, poi quando venne a mancare è rimasta al fratello Fulgenzio. Ora ci abita mio cugino, è ancora vissuta anche se non tutti i giorni», spiega Tommaso Fantoni, nipote di Osvaldo che oggi preserva la storia di famiglia tutelando l’archivio del nonno. Una villa delle meraviglie da sempre occupata esclusivamente dai Borsani e considerata un gioiello dell’architettura moderna, un posto sospeso tra fantasia e realtà che custodisce, come uno scrigno, qualcosa di prezioso. Oltre il cancello c’è il ritratto di un’epoca, il giardino è in fiore, nell’aria il profumo di primavera. Tommaso, over 40 a capo dello studio Tomoarchitects, srotola la bobina dei ricordi: «Avevo 10 anni quando è scomparso. Qui ci passavo le estati. La sua voce era forte, profonda, gentile, decisa, si faceva ascoltare. E
«FU PROPRIO OSVALDO A COSTRUIRLA NEGLI ANNI 40 PER SUO PADRE GAETANO. è ANCORA VISSUTA, ANCHE SE NON TUTTI I GIORNI »
poi mi viene in mente il viavai continuo, c’era sempre qualcuno che passava a trovarlo». Nonno Osvaldo faceva lunghe chiacchierate in compagnia di Gio Ponti, Arnaldo e Giò Pomodoro, Ugo Mulas, Roberto Crippa, Aligi Sassu, Fausto Melotti, Agenore Fabbri, Lucio Fontana, amici e collaboratori eccellenti che come lui hanno lasciato il segno nei musei del mondo, dal MoMA di New York al Victoria and Albert Museum di Londra, dal Centre Pompidou di Parigi alla Triennale di Milano. Proprio la Triennale ospiterà la prima grande retrospettiva a lui dedicata dal 16 maggio al 16 settembre, «era una cosa che volevamo fare da tanto tempo, ci sarà anche la pubblicazione di una monografia scritta da Giampiero Bosoni ed edita da Skira. Abbiamo fatto fatica a scegliere cosa esporre», dice Tommaso che con l’archistar Norman Foster – con cui ha collaborato per dieci anni – ha curato l’esposizione e rispolverato il tesoro creativo di Borsani: «Proprio il tavolo Nomos, Compasso d’oro ADI nel 1987, disegnato da Norman Foster, fu l’ultimo prodotto che il nonno mise in produzione con Tecno, l’azienda fondata nel 1953 insieme al gemello
Fulgenzio». La casa sarà aperta al pubblico (solo su appuntamento, scrivendo a rsvp@osvaldoborsani.com) per tutta la durata della mostra, una visita necessaria per avere il quadro completo di un personaggio straordinario, pioniere dell’unione di artigianato e industria, estetica e ingegneria. Gli interni diventano infatti testimonianza del suo mondo. Non ci sono eccessi e nulla è affidato al caso, in ogni stanza ci sono una sobrietà e una compostezza fuori dal comune. Il popolo del design aveva già avuto modo di entrarci durante la settimana del Salone del Mobile grazie al progetto Casa Libera! curato da Ambra Medda, un’anticipazione per conoscere meglio il suo lavoro, sbirciare disegni e acquerelli, fotografie e lettere, e ammirare ogni angolo della villa. Il camino decorato da Lucio Fontana, le sculture di Agenore Fabbri, i dipinti di Adriano Spilimbergo, la scala in marmo di Candoglia e vetro, dettagli e opere che calzano alla perfezione, così come i mobili del primo atelier di Varedo e i pezzi nati sotto il segno Tecno. Le cose qui non sono cambiate, non c’è domotica di ultima generazione ma a far sembrare tutto nuovo di zecca resta il segno eterno
«LUCIO FONTANA, ARNALDO POMODORO, AGENORE FABBRI, GIO PONTI, ADRIANO SPILIMBERGO. IL NONNO AVEVA AMICI E COLLABORATORI ECCELLENTI»
di un supereroe del design capace di resistere alle mode del tempo: «Più o meno sono cent’anni che i Borsani hanno iniziato l’attività di mobilieri», aggiunge Tommaso. Alla Triennale, circa trecento arredi e oltre quattrocento immagini racconteranno la carriera del maestro. Ci sarà anche Graphis, il sistema componibile presentato nel ’68 che cambiò il modo di concepire l’ufficio. Era il momento dell’utopia rivoluzionaria che a Parigi e in gran parte dell’Europa rappresentò una vera e propria esplosione sociale, politica e filosofica. Una protesta che arrivò fino a Milano e coinvolse anche la Triennale stessa, occupata nel giorno dell’inaugurazione della sua quattordicesima esposizione: «La leggenda vuole che studenti e artisti durante la contestazione saltarono sui banchi e imbrattarono le scrivanie di nonno Osvaldo. In seguito furono sistemate e lavate, tornarono come nuove: fu un test molto provante». Un battesimo decisamente turbolento, anche per un architetto rivoluzionario come lui. OSVALDOBORSANI.COM