CLUB HOUSE
Studiopepe firma Unseen, un locale esclusivo che racconta una nuova forma di ospitalità, ricca di citazioni colte e un po’ teatrale. Dove i cocktail diventano performance, le lounge sono salotti popolati da luci al neon e la musica si ascolta seduti sulle icone degli Anni 70
L’indirizzo è segreto, l’ingresso è riservato ai pochi che esibiscono un tatuaggio indecifrabile stampato su un invito arrivato all’ultimo momento. La meta più ambita dell’ultimo Fuorisalone milanese è Club Unseen, il manifesto di stile 2018 targato Arianna Lelli Mami e Chiara Di Pinto. Dopo l’appartamento pop up in zona Brera dello scorso anno, tornano a misurarsi con un progetto legato all’ospitalità, ma questa volta l’idea che ha stuzzicato la fantasia delle due creative director di Studiopepe è quella di un circolo esclusivo ispirato alla scena underground Anni 70. «Il tema del clubbing è una delle tendenze più forti quest’anno. Si vede che c’è bisogno di leggerezza…», scherzano. Il club, appena visibile dall’esterno, è aperto solo la sera per una selezionata cerchia di ospiti. «Forse è una provocazione durante la design week, quando tutto è visibile e condiviso, ma il nostro intento è di offrire un’esperienza fuori dal coro», raccontano. Per la loro operazione a porte chiuse hanno scovato un magazzino di fine 800 nascosto tra i palazzi signorili della vecchia Milano, alle spalle di piazza del Tricolore. «Ci divertiamo a colonizzare luoghi sconosciuti al pubblico, che non siano già stati compromessi da altri autori». Inviolati da più di trent’anni, i locali presentano soffitti in legno e pareti scrostate, i segni del tempo che Chiara e Arianna non sovrascrivono, anzi evidenziano osando accostamenti audaci con luci al neon dal segno grafico, carte da parati dalla texture tridimensionale, tende plastiche che sembrano laccate e campiture geometriche fatte di ceramica. L’ispirazione arriva dall’architettura radicale degli Archizoom e dalle scenografie kubrickiane di Arancia Meccanica. Nessun eccesso alla Korova Milk Bar però. Gli interni sono sorprendentemente luminosi, amplificati da una palette di tonalità polvere e lattiginose interrotta qua e là da qualche accento cromatico più brillante come il blu Klein, a sottolineare i grandi portali che dividono le sette stanze del club. Il progetto di interior vive di realtà apparentemente antitetiche, la memoria e il contemporaneo, superfici lucide e opache, materiali preziosi e poveri «ma fortemente iconografici, come il vetro cannettato e le piastrelle, nobilitati da lavorazioni pregiate». Lungo il percorso si incontrano pezzi storici di Caccia Dominioni, Mangiarotti, Perriand, Albini e Rietveld, che dividono la scena con quelli firmati da Studiopepe: «Club Unseen è la nostra prova d’autore anche nel campo del product design. Oggi abbiamo la maturità per farlo». Tra ceramiche, specchi, ceiling hanging, lampadari al neon, tavoli di onice, carte da parati e cuscini c’è da perdersi. A guidare gli ospiti c’è persino un’App di realtà aumentata chiamata ‘Aria’. «Nulla di didascalico», precisa Chiara. «È solo un’interpretazione grafica che interagisce con l’allestimento. Si attiva con dei ventagli che lasciamo ai visitatori come souvenir». L’esperienza è un fattore chiave per le due designer che, ispirate dalle opere di Nanda Vigo, hanno trasformato il bar nella zona più scenografica dell’intero locale: una quinta di specchi colorati e vetri retroilluminati che diventa il palcoscenico per le performance del mixologist Andrea Vigna, di cui si intravedono solo le mani intente a preparare i cocktail ideati per l’occasione. Ispirazione cinematografica, stanze che sembrano set teatrali. A Studiopepe il senso dello spettacolo non manca. Per chiudere in bellezza si sono inventate una sala concerti occupata da maxi cuscini e un divano circolare degli Anni 70, dove ogni sera si alternano artisti della scena elettronica indipendente selezionati dalla community web Sofar Sounds. «Club Unseen ha chiuso le porte alla fine del Salone, peccato. Ma potremmo replicare l’esperimento altrove, chissà». Nel caso, tenersi stretto l’invito.