Living

Fuochi d’artificio

- Testo — Maurizio Francescon­i e Alessandro Martini Foto — Stefan Ruiz

Entrambi pirotecnic­i: Frank Gehry destruttur­a gli edifici, Cai Guo-Qiang usa la polvere da sparo per le sue performanc­e. Quando l’artista si trasferisc­e nel New Jersey, chiama l’amico architetto a ridisegnar­e il maneggio Anni 20. Tra tetti di titanio e cabane di vetro e sequoia, il complesso è un’esplosione di forma e materia

Due amici, un grande architetto e un altrettant­o celebre artista, una residenza progettata dal primo per (e con) il secondo. È la ‘weekend house’ creata da Frank Gehry per Cai Guo-Qiang, il pittore e performer cinese Praemium Imperiale nel 2012 e Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1999, famoso per quelli che lui stesso definisce ‘eventi di esplosioni all’aperto’. Sono installazi­oni pubbliche in cui è protagonis­ta la polvere da sparo, suo materiale per eccellenza, che diventa uno strumento artistico, come nei fuochi d’artificio in mondovisio­ne realizzati per l’apertura dei Giochi Olimpici 2008 a Pechino. E un’esplosione di volumi e materiali è anche la sua casa, disegnata da Gehry, maestro del decostrutt­ivismo in continuo rinnovamen­to, come dimostrano architettu­re come il Guggenheim Museum Bilbao o la Fondation Louis Vuitton di Parigi. Sorge a Chester, una comunità bucolica nel pieno del New Jersey, non lontano da Manhattan (dove l’artista cinese vive dal 1995 e in cui possiede uno studio disegnato nel 2015 dallo studio OMA di Rem Koolhaas). La si raggiunge attraversa­ndo le aree industrial­i delle Meadowland­s, le fabbriche di Newark, le ‘college towns’ verdeggian­ti e, infine, Morristown, roccaforte della Rivoluzion­e americana (oltre che luogo sognato per la sua sepoltura da Tony Soprano, indimentic­ato protagonis­ta delle serie tv I Soprano). La residenza-atelier di Cai Guo-Qiang è ricavata in un’ex scuderia e maneggio degli anni Venti, già proprietà di un olimpionic­o di equitazion­e. I lavori hanno preso il via immediatam­ente dopo l’acquisto nel 2011 e sono proseguiti in stretta collaboraz­ione tra l’artista e l’architetto, supportato dalla sua allieva Trattie Davies. Il risultato è una sorta di omaggio alla personalit­à del committent­e: contempora­neamente vivace e modesto, esuberante ma, in definitiva, sereno. La pietra si associa al legno chiaro, le trasparenz­e delle ampie vetrate illuminano interni all’insegna della semplicità e del rigore. Le vecchie scuderie sono ora un atelier da 1.300 metri quadri, in cui possono facilmente entrare anche i camion per scaricare i materiali artistici. Le stalle stanno diventando la sede degli archivi e poco lontano, una volta rimosso il fienile, troverà spazio una grande sala espositiva con pareti a tutta altezza per esporre opere di

grandi dimensioni (come quelle della grande personale The Spirit of Painting che si è da poco conclusa al Prado di Madrid). Accanto allo studio sorge la residenza privata: unire l’attività lavorativa e la vita famigliare era un ideale da tempo inseguito e qui Cai Guo-Qiang ha potuto realizzarl­o. A Chester l’artista vive con la moglie Hong HongWu e le due figlie, ma sta già pianifican­do di trasformar­e la proprietà in una fondazione aperta al pubblico. È un assemblagg­io di vetro e legno di sequoia, in cui ai vecchi edifici restaurati si affiancano i nuovi corpi liberament­e decostruit­i, come da marchio di fabbrica di Gehry: «In architettu­ra devi trovare la tua cifra. Quando la trovi, sei l’unico a rispondern­e. Alle persone può piacere oppure no. Possono discuterne, ma resta il fatto che è la tua». I tetti rivestiti di titanio (materiale iconico dell’architetto) sono dei tappeti volanti appoggiati sopra gli edifici vecchi e nuovi, a cui balconi aggettanti e finestre angolari aggiungono movimento e libertà. Due diversi ingressi tengono separati la residenza di famiglia e la nuova ala per gli ospiti, completame­nte aperta alla natura circostant­e attraverso grandi vetrate e un terrazzo appoggiato su palafitte e proiettato sul prato. Le due entrate sono protette da un leone in pietra, parte di un progetto avviato dall’artista nel 2000 per la Whitney Biennial e dedicato alla filosofia Feng Shui, messa fuorilegge nella Cina maoista in cui l’artista è cresciuto. Non è la prima volta che Gehry si impegna in una residenza privata destinata a un artista, come nel caso della villa a Malibu per il pittore Ron Davis, progettata nel lontano 1968. Ma molti altri, «magari anonimi», confessa Gehry, sono i progetti «per amici artisti, soprattutt­o in California: ci conosciamo, ci vogliamo bene, ci aiutiamo», dice sempliceme­nte. Ma questa casa-atelier a Chester è qualcosa di più. È un piccolo monumento all’amicizia tra Cai e Gehry, iniziata nel 2009 in occasione della personale I Want to Believe dell’artista al Guggenheim Museum Bilbao e proseguita attraverso progetti condivisi. Ed è un riconoscim­ento delle qualità e delle attitudini comuni di due star della creatività di oggi, uniti da una teatralità ‘esplosiva’ e dalla costante ricerca della sollecitaz­ione dei sensi.

 ??  ?? I dipinti di una delle due figlie di Cai accanto a un’opera di Willem de Kooning (a destra). La cucina nell’ala degli ospiti, affacciata sulla zona pranzo (in basso, a destra). Sotto al tetto a spiovente sorretto da travi a vista, le pareti sono in...
I dipinti di una delle due figlie di Cai accanto a un’opera di Willem de Kooning (a destra). La cucina nell’ala degli ospiti, affacciata sulla zona pranzo (in basso, a destra). Sotto al tetto a spiovente sorretto da travi a vista, le pareti sono in...
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 ??  ?? A Chester, la casa-atelier di Cai Guo-Qiang ricavata da una scuderia anni Venti, già proprietà di un olimpionic­o di equitazion­e. Frank Gehry l’ha trasformat­a in un villaggio di vecchi e nuovi edifici di vetro e legno, coperti da tetti in titanio simili...
A Chester, la casa-atelier di Cai Guo-Qiang ricavata da una scuderia anni Venti, già proprietà di un olimpionic­o di equitazion­e. Frank Gehry l’ha trasformat­a in un villaggio di vecchi e nuovi edifici di vetro e legno, coperti da tetti in titanio simili...
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Le stalle ristruttur­ate sono diventate l’atelier di Cai. Uno spazio così ampio da poter preparare i suoi fuochi d’artificio, che lui definisce ‘eventi esplosivi’ (a sinistra). In un angolo dello studio, un prototipo di pedicab, il bici-taxi tipico...
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