Scrittori senza filtri
SFACCIATO COME IL PRIMO AMORE
Ora il suo Chiamami col tuo nome è un film da Oscar: parla André Aciman
PARLA UN ITALIANO PERFETTO.
«Buongiorno, sono André». L’intervista con lo scrittore André Aciman da cui ci separano 6 ore e 6.473 chilometri in linea d’aria (noi siamo a Milano, lui a New York) inizia così, con lui che risponde nella nostra lingua all’altro capo della cornetta. Perché anche se da anni vive negli Stati Uniti, André e la sua famiglia (gli Aciman sono ebrei sefarditi di origini turche, e la loro storia meriterebbe un pezzo a parte) hanno vissuto a Roma dopo aver lasciato Alessandria d’Egitto per le persecuzioni di Nasser. André Aciman ama l’Italia, e proprio in una zona indefinita della Liguria ha ambientato Chiamami col tuo nome, il romanzo che l’ha reso famoso - da cui è tratto l’omonimo film di Luca Guadagnino, che sta mietendo premi, però girato a Crema. Una storia d’amore e seduzione tra due ragazzi: Elio, 17 anni, colto e introverso che passa le giornate tra libri e musica, e Oliver, 24 anni, studente americano che passa l’estate con la famiglia di Elio per terminare la tesi di dottorato. Una storia di sguardi, corpi, scoperte. Un romanzo poetico ed esplicito - la scena della masturbazione con la pesca ha una carnalità che quasi urta -, quasi un piano sequenza sul desiderio. Com’è nato questo libro? Da un’idea che mi è venuta nel 2005. Quell’anno avremmo dovuto affittare una casa in Toscana, ma poi non se ne è fatto nulla. E stavo lavorando a un romanzo difficile, Notti bianche. Deluso com’ero, mi sono messo a scrivere di un soggetto che mi affascinava, la casa che Monet aveva dipinto quando era andato a Bordighera. Ho immaginato questa casa, un viale con dei pini. Mi sono messo a scrivere ed è venuto fuori il romanzo. Non avevo idea di dove mi avrebbe portato. Non immaginavo nemmeno che l’avrei finito. Invece l’ho scritto in quattro mesi. Cosa pensa del film di Luca Guadagnino? Mi è piaciuto molto, l’ho visto quattro volte. Per me ha fatto un bel l issimo lavoro. Era un’impresa difficile, è un romanzo molto interiore, un
roman d’analyse ricalcato sui francesi. L’interiorità l’ho vista sul viso dei protagonisti. E degli attori? Timothée Chalamet e Armie Hammer rispecchiano il suo Elio e il suo Oliver? Mi sono piaciuti molto, ora non posso immaginare Elio e Oliver se non con i loro volti. L’idea che ne avevo io è sparita completamente. Quella tra Elio e Oliver è una storia d’amore o di desiderio? Non ho mai usato la parola amore nel romanzo, perché parole così diventano mattoni, e i mattoni non sono delicati, non capiscono l’ambiguità. Mi piaceva lasciare al lettore la possibilità di immaginare da solo cosa stesse succedendo. Certo i due protagonisti si innamorano ma non se l’aspettavano e forse non si rendono conto che quello che provano è amore. Perché tra due uomini? Avevo delle difficoltà a raccontare l’amore tra un uomo e una donna, cosa che conosco abbastanza bene perché l’ho provata parecchie volte in vita mia. Il percorso mi sembrava ovvio. L’amore tra due uomini era più interessante, più nuovo ed
«TRA DUE MASCHI L’IDENTIFICAZIONE DIVENTA AUTOMATICA. ABBIAMO LO STESSO CORPO, GLI STESSI ISTINTI. QUELLO CHE PROVO IO, LO PROVA ANCHE LUI»
eccitante da esplorare come scrittore. Tanto più che non pensavo l’avrei pubblicato. E mi sono lasciato andare. Per fortuna! Quanto la riguarda questa storia? Le connessioni sono tantissime. Mio padre, per esempio, è molto simile al padre di Elio, non avrei potuto inventare un personaggio come lui. Questo libro esce dal mio cuore, dalle mie “trippe”, se vuole. Il racconto è vero perché tutto è vero, ma non tutti gli episodi sono stati vissuti. Sarebbe inutile pensare a Elio e Oliver come persone reali a cui mi sono ispirato. Non pensa che i 17 anni di Elio possano essere un problema? No, non credo. L’ho pensato così, l’ho immaginato così. E poi è un romanzo, parliamoci chiaro. Cos’ha di speciale il primo amore? Quella prima volta in cui ci troviamo a essere completamente ossessionati da una persona, chiamiamola amore, rimane lì per sempre. Diventa il nostro modo personale di amare e desiderare che trace le parcours de toute une vie, traccia la strada di tutta una vita. Ma non è che questo ci impedisce di vivere nuovi amori? No. Ne capitano altri, a volte anche più potenti. Ma sono convinto che il nostro modo di amare nasca da quella prima volta e che tutti gli altri ne seguano il sentiero. Cosa c’è tra due uomini di differente da quello che c’è tra una donna e un uomo? Credo che tra due maschi l’identificazione diventi automatica. Abbiamo tutti e due lo stesso corpo, gli stessi desideri. Sappiamo che quello che provo io, lo prova anche lui, nello stesso modo. Che cosa vuol dire “Chiamami col tuo nome”? Fammi diventare chi sei tu purché anche tu possa diventare chi sono io. A volte accade che diventiamo l’altra persona. L’essere e l’avere si confondono e proprio questo, secondo me, è il grande amore o semplicemente la grande intimità. A lei è mai successo? Non rispondo! Cos’è per lei l’intimità? Una cosa difficile. Ho voluto narrarla nel modo più semplice, come intimità dei corpi. Perché è lì che comincia. Se non si prova intimità in tutto quello che si può fare con il corpo, l’intimità non esiste. È per quello che ho voluto descrivere scene come quella del bagno, del vomito. Momenti in cui fai quello che vuoi e puoi fare con il corpo dell’altro. Se ci lasciamo andare a un rapporto completamente fisico significa che ci sentiamo a nostro agio, che possiamo aprirci, che esiste la verità. E questa per me è intimità. Un rapporto in cui siamo completamente aperti all’altro, vulnerabili, la vergogna non esiste più. A proposito di vergogna, com’è nata la scena della pesca? Non so rispondere. Ancora non so bene come e perché mi è capitato di scriverla. L’idea mi è passata per la mente quando Elio afferra il frutto e lo porta in camera, ma chissà perché poi mi sono soffermato a raccontarla. Questa fluidità sessuale maschile, questa sperimentazione, c’entra con le sue radici mediterranee? In realtà tutti sperimentiamo, non è una cosa mediterranea. Succede nella testa di ognuno e visto che questo è un romanzo molto interiore, non mi pare che il salto dall’immaginazione al fare sia così radicale. Tutti pensiamo cose proibitissime, vergognose. Ho sempre detto che se scoprissimo la sessualità senza aver letto niente, visto niente, senza che i genitori ci dicessero niente, chissà cosa inventeremmo. La nostra sessualità sarebbe pazza e senza confini. Quello che succede nella testa fa parte della vita. Viviamo troppo con la testa e poco con il corpo? Purtroppo sì. Diciamo che si inizia con il corpo ma ci rifugiamo nella testa. All’inizio di un rapporto il corpo è sempre prevalente. Poi man mano che si sta insieme cominciamo a ritirarci un poco, diventiamo più casti, più timidi. Sopravvive l’amore o il desiderio? L’amore. Il desiderio sparisce, purtroppo. E lo dico da uomo sposato. La gente fa finta. Le faccio un esempio: in palestra i mariti si lamentano che le mogli non vogliono più fare sesso ma nessuno ammette che la voglia non ce l’ha nemmeno lui. C’è qualcosa che invidia ai 17 anni di Elio? Certo! L’energia, la libido. Quel desiderio per cui si vuole la donna, l’uomo e poi ancora l’uomo e poi la donna. Che bello essere così liberi, sfacciati! Lei è mai stato sfacciato nei confronti del suo desiderio? Sì, lo sono stato. Ho fatto delle pazzie in vita mia. Grazie a Dio.
«TUTTI PENSIAMO COSE PROIBITISSIME, VERGOGNOSE. SE SCOPRISSIMO LA SESSUALITÀ SENZA AVER LETTO E VISTO NIENTE, CHISSÀ CHE COSA INVENTEREMMO»