Moda etc
Figlia d’arte, Genea Lardini vuole creare un’eleganza sartoriale e sorprendente. Obiettivo: far crescere le collezioni femminili
Genea Lardini: se il sartoriale è sentimentale
PIPPI CALZELUNGHE Sono le prime parole che pronuncia Genea Lardini per spiegare la sua collezione. La favola tv svedese è però traslata in una realtà tutta natura e sartorialità, grazie a questa figlia d’arte, giunta alla terza stagione come designer della linea femminile del marchio di famiglia. Da quarant’anni, infatti, Lardini è famoso internazionalmente per i capispalla maschili, cui tutti riconoscono un’incontestabile qualità e uno stile tutto italiano e moderno. 900 sono le persone che lavorano nelle sedi di Filottrano, in provincia di Ancona, con una produzione al 99 per cento dedicata all’uomo. L’uno per cento riguarda la moda donna, ma grazie a Genea (il suo nome si riallaccia all’antico termine “genesis”, “nascita”, “inizio”) si spera in un aumento delle percentuali. Del resto, è un ritorno alle origini: nel 1978 i fratelli Luigi, Andrea, Lorena e in seguito Annarita Lardini realizzavano proprio capi femminili per le griffe del prêt-à-porter italiano, allora allo stato nascente. Oggi, oltre a essere il primo
sponsor della squadra di pallavolo serie A1, hanno chiesto a Genea (figlia di Luigi) di sviluppare il womenswear. Forte dei suoi studi all’Accademia d’Arte di Firenze e alla Central Saint Martins di Londra, non solo si è dichiarata pronta, ma ha anche con molte sorprese da rivelare. LE ASTUZIE È più facile farla parlare dei suoi cani (Diana e Déjà Vu) e gatti (Sasso e Rosso) che del suo lavoro. È timida: «Ho iniziato quasi per gioco e ancora adesso siamo in pochissimi a lavorare su questo progetto. Per la prima stagione ho pensato al Giappone, per la seconda ai dandy di Harlem. Questa volta mi ha attratto il personaggio anticliché di Pippilotta Viktualia Rullgardina Succiamenta Efraisilla Calzelunghe (li pronuncia sorridendo con una memoria di ferro, ndr). Vestirsi significa anche sorprendersi e non è vero che sia stato già fatto e detto tutto. Qualche esempio? Ho trasformato una giacca in un body da portare a pelle come una camicia. Ho voluto anche pantaloni ampi e larghi nella parte centrale e affusolati alla caviglia perché la moda serve anche a nascondere le imperfezioni ed esaltare tutto il resto». QUESTIONE DI CULTURA Nelle sue creazioni tributa mille referenze alla storia del costume. «È vero: oggi c’è troppa moda e troppo caos. Ma tutto questo è dovuto anche al voler ostentare tutto e troppo in fretta. C’è bisogno di abbinamenti e di soluzioni che definisco “puliti”, lontani da barocchismi e da decori più o meno scontati. Prima c’è la persona, poi il vestito. Si può rendere ogni capo più originale e anche più seducente: a una giacca nera ho aggiunto delle balze trasparenti perché volevo dare verve a ogni movimento. Sui revers di un altro capospalla trionfano applicazioni ton-sur-ton. E perché non portare, almeno per la sera, una gonna in tulle?». NON SOLO MUSEI «Non importa l’età, consiglio a tutte di tuffarsi nell’arte: è un processo che cambia la percezione della vita. Rappresenta il rigore, la cultura, l’educazione e lo svago. A me serve anche per il lavoro: parto dai collage su cui poi dipingo le silhouette. Tutte le nostre stampe sono esclusive, disegnate da me. Una riprende l’albero, ed è stata usata per le foto della collezione. Era il disegno di un bambino che ho rielaborato e colorato». L’ATTITUDINE «“Nothing will be as before” è una frase in cui deve riconoscersi ogni donna. Ogni giorno deve portare dei cambiamenti. L’importante è avere e ottenere rispetto». DESIDERIO DI PERDERSI «Vorrei succedesse, più che in una città, nella lettura. Mi è successo con 1984 di George Orwell, ma ancora di più ricordo un’estate in cui ho letto e riletto un cantico de La Divina Commedia. Lasciandosi trasportare, si scopre qualcosa di nuovo su noi stessi e sul mondo che ci circonda».