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MORGAN E I BLUVERTIGO, IL MEGLIO DI SANREMO PER MAX

- Pierluigi Diaco

I Bluvertigo sono tra gli artisti preferiti da Max Pezzali tra quelli in gara nell’edizione di Sanremo 2016. Sopra, da sinistra, Sergio Carnevale, 46 anni, Andy, 44, Morgan, 43, Livio Magnini, 42. La band presenterà la canzone Sempliceme­nte. Sotto, nel tondo, Enrico Ruggeri, 58 anni; sarà anche lui sul palco dell’Ariston in gara con il brano Il primo amore non si scorda mai. 9 febbraio Conti apparecchi­erà un Festival in stile “renziano”? «Scorrendo la lista dei partecipan­ti, credo che sarà un Festival estremamen­te rappresent­ativo dell’Italia di oggi, ma soprattutt­o di quello che accade nella musica. Da Enrico Ruggeri che è riuscito a mantenere la nobiltà del cantautore e allo stesso tempo ha saputo entrare da personaggi­o nelle case degli italiani come conduttore, fino ai Bluvertigo a cui sono legato da affetto e stima: Sergio Carnevale, il batterista della band, è anche il mio da molti anni. Sono contento di rivedere Andy e Morgan di nuovo insieme. Conti è riuscito a mettere d’accordo entrambi i miei due lati della personalit­à: la nostalgia e la contempora­neità». Giochiamo. Sanremo 2017. Conducono Jovanotti e Fiorello. Direttore Artistico Max Pezzali. Cast? ( Ride) «Essendo un passionale, non mi vedrei tanto bene in questo ruolo. Non riuscirei a essere obiettivo. Sono convinto che molte cose che mi piacciono musicalmen­te sarebbero tuttavia sbagliate per Sanremo. Ma siccome mi chiedi di giocare, giochiamo. In parte lavorerei di continuità con quello che è stato già fatto nelle ultime edizioni, poi sperimente­rei. Ti cito tre realtà che porterei sul palco del Festival: un rapper, Ensi; nella casella cantautori, Francesco Bianconi con i suoi Baustelle; per i gruppi la band metal Lacuna Coil». Hai cantato: «Voi non capite un c…o: è un po’ come nel calcio». A chi lo diresti in questo momento? «Una delle mie caratteris­tiche è quella di non erigermi a giudice e di non avere l’arroganza di insegnare. Preferisco l’umiltà di chi impara. Comunque, se dovessi dire a qualcuno una cosa del genere, inoltrerei la critica ai media e alla loro supponenza nel semplifica­re e banalizzar­e, molto spesso, persone e ed emozioni. L’ossessione della sintesi è il vero dramma dei media: semplifica­no e non articolano». Sta di fatto che ti appresti a fare il giudice di un talent tv,

in onda subito dopo Sanremo su Rai 2. «Ma non sarò un giudice, al massimo sarò un allenatore, un coach. Spero di poter aiutare questi ragazzi a risparmiar­si un po’ di passaggi che, ai miei tempi, erano fondamenta­li per disegnarsi una carriera. Svelerò loro un po’ di trucchi del mestiere, spaccerò nozioni, informazio­ni e dritte per consentirg­li di capire come girano le cose. Il resto, cioè la cosa più importante, ovvero il talento, saranno loro a doverlo dimostrare».

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Se dovesse uscire domani la tua autobiogra­fia come la intitolere­sti? «Potrebbe chiamarsi Senza Offesa. È un po’ il leitmotiv del mio carattere e della mia vita: ho cercato di vivere e di lavorare senza mai pestare i piedi a qualcuno». Senza offesa, caro Max. Mi dicono che con tuo figlio di sette anni avete un rapporto alla pari. «Dicono bene. Mi sono sempre sforzato di non essere un padre amico, ma capace di avere quell’autorevole­zza e quella fermezza che il mio ruolo mi impone. Ma preferisco, senza dubbio, parlare e interagire con mio figlio piuttosto che con i miei coetanei. Con lui rivivo, in formato 2.0, gli anni della mia infanzia. E poi mio figlio è simpaticis­simo».

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