Perché i cinesi se la prendono con il Dalai Lama?
ANCHE DURANTE LA VISITA A MILANO C’È STATA QUALCHE PROTESTA. EPPURE TENZIN GYATSO HA RINUNCIATO AL SUO RUOLO POLITICO
RISPONDE
2011 mi sono ritirato dalla scena politica, ho fermato una tradizione che aveva 400 anni e sono contento di averlo fatto». Anche a Milano il Dalai Lama ha ribadito che
non vuole più l’indipendenza del Tibet, ma è stato inutile:
le proteste (poche e ben “organizzate”) hanno accompagnato la sua visita e l’assegnazione della cittadinanza onoraria di Milano e Rho.
Il motivo è culturale e politico.
La Cina invase il Tibet nel 1950 e le trattative del giovanissimo Dalai Lama (che del Tibet era anche il “sovra- no”) con Mao naufragarono. Da quel momento nacque un movimento di resistenza contro la distruzione della cultura e della lingua tibetana. Nel 1959, a seguito di una repressione spaventosa, Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, si rifugiò a Dharamsala, in India. Negli anni la situazione è peggiorata. Oggi la dittatura contesta anche la sua autorità religiosa, e questo nonostante si calcoli che 300 milioni di cinesi fuori dal Tibet venerino l’Oceano di Saggezza (questo significa «Dalai Lama») e ci sia una fetta di intellettuali di Pechino che
C’ERA ANCHE RICHARD GERE
Rho (Milano). Il Dalai Lama, 81, saluta con affetto il suo amico Richard Gere, 67. spinge per una visita di Sua Santità in Cina. Dopo il tempo delle accuse politiche,
i dirigenti comunisti hanno cavalcato la protesta “teologica”,
incoraggiando culti che Tenzin Gyatso ha vietato perché ritenuti pericolosi, come quello di « Dorje Shugden». Ma più organizzano proteste e più l’immagine dell’ 81enne Premio Nobel per la Pace aumenta. Del resto - come ha ricordato Richard Gere ai 12 mila accorsi alla Fiera di Rho - «il Dalai Lama è il leader dell’amore universale». Forse sarebbe utile cambiare strategia.