Oggi

Calunniato anche dopo morto

VITE DI ARTE E D’AMORE IL FIGLIO DI DARIO FO RISPONDE A CHI STA ATTACCANDO LA MEMORIA DELL’ARTISTA. DAL PASSATO NELLA REPUBBLICA DI SALÒ ALLA VIOLENZA SU FRANCA RAME, TUTTA LA STORIA COME L’HA VISSUTA LUI

- Dalla nostra inviata Paola Manciagli foto Ignacio Maria Coccia/Contrasto Gubbio (Perugia), ottobre

Gubbio (Perugia). In questa pagina, Jacopo Fo, 61, con la moglie Eleonora Albanese, 47, nel centro culturale Alcatraz. Qui a destra, i genitori di Jacopo: Dario Fo, scomparso lo scorso 13 ottobre e Franca Rame, morta nel 2013.

Così Jacopo Fo ricorda suo papà Dario: «Era tosto. Quando avevo 18 anni, mi disse: “Fammi 30 maschere, mi servono tra 45 giorni”. “Ma io non sono capace di farle”. “Impara”. Ci riuscii, perché in fondo mi aveva dato fiducia. Ma il suo metodo era questo, non mi ha mai insegnato come fare le cose». Dario Fo, il grande teatrante e premio Nobel, è scomparso da soli otto giorni. Dopo settimane al suo capezzale al Sacco, dopo il funerale laico sul sagrato del Duomo sotto una pioggia torrenzial­e, Jacopo è corso via da Milano con la moglie Eleonora, per rifugiarsi nei boschi umbri dove sorge il suo centro culturale Alcatraz. Con Oggi torna sui suoi ricordi, e risponde con cuore e dignità per la prima volta a tutti quelli che hanno attaccato la memoria di suo padre. A cominciare dal passato nella Repubblica di Salò. Hanno detto che Dario Fo in gioventù era un fascista convinto: «Tutte calunnie. Mio padre all’inizio ci provò, a ribellarsi a queste accuse…». Il processo stabilì che lo si potesse definire «repubblich­ino» e «rastrellat­ore». «È una cosa priva di senso. I suoi erano tutti partigiani, se avesse fatto

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