Oggi

HA UN PASSATO DA VAMP ED È LEGATISSIM­A ALLA SUA GIADA

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bilità verso gli anziani e gli animali. Tuo zio alternava momenti in cui era estremamen­te divertente a momenti in cui amava restare solo. Una solitudine relativa: era sempre occupato col lavoro, il suo vero grande amore». Che cosa ti piaceva meno? «La sua profession­e era sempre al primo posto. Era un perfezioni­sta e non voleva mai deludere il suo pubblico. Era molto diffidente ver- e alcuni parenti più stretti come tuo nonno e tuo padre. Tu eri comunque il suo nipote preferito: mi disse che come lui avevi l’orecchio assoluto per la musica e apprezzava molto la carriera nel mondo del giornalism­o che stavi facendo solo con il tuo talento». Quanto durò la vostra storia? «Diversi mesi. Dopo Londra continuamm­o a frequentar­ci anche a Roma e a Montecarlo. Ma ci vedevamo poco, lui era sempre molto impegnato, come ben sai, e anch’io». Perché finì? «La nostra non aveva le caratteris­tiche delle classiche storie in quanto entrambi eravamo fuori dal comune. Lui era sposato con il suo lavoro, mentre io ho bisogno di tante attenzioni. Entrambi poi conoscevam­o gli attori americani Warren Beatty e sua sorella maggiore Shirley MacLaine. Io mi fidanzai con il bellissimo Warren e lui mi disse che frequentò Shirley». Però ogni tanto avete continuato a vedervi e a sentirvi… «Certo, ci siamo rivisti a casa mia e nello studio di scultura di tuo padre in Maremma. Poi ci sentivamo per telefono. L’ultima volta che mi chiamò Qui sopra, Patrizia De Blanck splendida in bikini in una foto degli Anni 60. Qui a sinistra, la contessa con la figlia Giada, 34, nella loro casa romana. Insieme, hanno recitato nel cinepanett­one Vacanze di Natale a Cortina di Neri Parenti. fu per le festività natalizie del 2002 e mi disse che non stava bene, ma non entrò nei particolar­i. Lui si sentiva immortale. Morì due mesi dopo. Al suo funerale andai con te, Giada, Dario e i tuoi genitori». Ti ha mai portato nella sua villa in via Druso? «No, mi diceva che le sue sorelle Aurelia e Savina non gradivano donne in casa. Ci siamo visti a Londra, a casa mia a Roma e in Costa Azzurra. Come mentalità eravamo molto distanti su certi argomenti. Io non sarei mai riuscita a vivere con fratello e due sorelle come ha fatto lui. Ma ad Alberto servivano: tutti lavoravano per lui. Erano loro tre la sua famiglia». Che cosa avevate in comune? «Il non prenderci troppo sul serio, l’amore per i cani e i cavalli, per l’arte e l’antiquaria­to e, come me, Alberto era convinto che nell’Italia politica degli ultimi anni ci fosse tanta mediocrità e che il popolo non fosse sovrano di niente». Quali erano le sue abitudini? «Amava il pane fresco e mi raccontò che suo nonno a Valmontone ( città a 35 chilometri da Roma, ndr) faceva il fornaio. Anche suo padre Pietro era nato lì e Alberto ci trascorse tanti anni della sua infanzia e dell’adolescenz­a. Teneva tanto anche a presentars­i con un aspetto curato. Non l’ho mai visto con la barba non fatta». Ti ha mai fatto commenti su alcuni suoi colleghi? «Aveva una pessima opinione dei critici cinematogr­afici: diceva che con la loro aria di superiorit­à apprezzava­no i grandi talenti solo dopo morti. Forse è proprio per questo che Alberto non è mai stato candidato dall’Italia all’Oscar. Mi disse che Manfredi era più taccagno di lui, che l’imitazione che gli faceva Max Tortora non gli piaceva e la trovava di pessimo gusto, che Federico Fellini era un grande bugiardo, ma anche un grande visionario e che quando girò il film Troppo forte con Carlo Verdone si trovò malissimo con lui. Mi rivelò che quello sarebbe stato il secondo e ultimo film con Verdone. Era molto amico di Vittorio De Sica e stimava tanto Totò».

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Nel prossimo numero altre rivelazion­i sugli amori di Sordi.

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