La sonda si è distrutta, ma non è stato un fallimento
Dopo
aver percorso oltre 500 milioni di chilometri in poco più di sei mesi senza aver mostrato il seppur minimo problema, la sonda dell’Agenzia Spaziale Europea Schiaparelli, avrebbe dovuto dare il meglio di sé negli ultimi sei minuti. «Sei minuti di terrore», li avevano definiti, durante i quali avrebbe attraversato l’atmosfera marziana, frenare dai 21 mila chilometri all’ora a soli 4 chilometri all’ora per depositarsi sulla superficie rossa del pianeta. Tutto stava andando come previsto se non che a 50 secondi dall’atterraggio i 9 motori da poco entrati in azione per rallentare al massimo Schiaparelli si sono spenti solo dopo tre secondi. L’impatto con il suolo dunque, è stato violento e della sonda si sono persi i contatti: resta solo una foto 1,2 miliardi di euro (tra cui 350 di tecnologia italiana) sono stati buttati? No, per diversi motivi. «Innanzitutto perché la sonda madre è riuscita a entrare in orbita marziana e da essa ci si aspetta uno studio dei gas dell’atmosfera del pianeta», spiega Andrea Accomazzo, responsabile delle Operazioni Planetarie dell’ESA. In particolare si spera di capire la provenienza del metano, che per alcuni potrebbe essere di origine organica. «In secondo luogo», dice Accomazzo, «perché Schiaparelli ha trasmesso una grande quantità di dati durante la discesa e dunque, la loro analisi permetterà di capire cosa non ha funzionato in quegl’istanti finali così da evitare che l’errore si ripeta quando, forse nel 2020, con un sistema simile verrà depositato un rover sulla superficie marziana». In quel caso nulla dovrà andare storto perché la missione ( ExoMars2020) avrà lo scopo di cercare la vita – se esiste – nella crosta marziana fino a 2 metri di profondità.