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PELIZZARI RICORDA PER NOI ENZO MAIORCA Ha fatto cose da EXTRATERRE­STRE

PIONIERE DELL’APNEA, PORTÒ IL MARE NELLE CASE DEGLI ITALIANI E SUPERÒ I LIMITI ANCHE IN TV, BESTEMMIAN­DO IN DIRETTA. «QUANDO I MEDICI ESCLUDEVAN­O POTESSE SOPRAVVIVE­RE, LUI SI TUFFAVA, E RISALIVA», RICORDA IL PIÙ FAMOSO DEI SUOI EREDI

- Di Erika Riggi - foto Giuseppe Gerbasi/Contrasto

Lo disse in inglese, per farsi capire anche dall’équipe internazio­nale: “Impossible is an opinion”, impossibil­e è un’opinione, e si tuffò, raggiungen­do i 50 metri di profondità: stabilì il suo primo grande record di apnea e smentì le teorie secondo le quali quello che voleva fare non era nelle possibilit­à umane, e non avrebbe avuto scampo. Ma Enzo Maiorca era un extraterre­stre. Risalì, ed entrò nel mito». Umberto Pelizzari, suo erede, ricorda così l’apneista siciliano scomparso domenica, a 85 anni, dopo una vita di prime volte, record battuti, successi personali e sportivi. L’ultimo, del 1988, di -101 metri.

OLTRE I LIMITI, ANCHE IN TV

Siracusano ruspante, pioniere e simbolo di un’epoca dello sport e del costume fatta di grandi passioni e grandi imprese, l’uomo che portò il mare nelle case degli italiani superò i limiti anche in tv: merito - e colpa, per l’ostracismo nei suoi confronti che ne derivò - dell’episodio in cui mandò a quel paese Enzo Bottesini, l’inviato Rai, esperto di immersioni nonché ex campione di Rischiatut­to, incaricato di riprenderl­o durante una delle sue imprese. Era il 22 settembre del ’74, al largo della costiera sorrentina: Maiorca andò a sbattere contro il Pelizzari, 51 anni. Il record di Pelizzari, nel 2001, è -131 metri. Tra i suoi libri, Lezioni di apnea (Mursia). cameraman, riemerse imprecando, e dalla sua bocca uscirono le prime bestemmie in diretta tv della storia.

COME COPPI E BARTALI

Erano anni in cui l’Italia si scaldava per le sfide, sempre umane oltre che agonistich­e: quella precedente tra Coppi e Bartali come quella tra il siciliano verace Maiorca e il francese, nato a Shanghai, Jacques Mayol, il sofisticat­o. Luc Besson ci fece per- sino un film, Le Grand Bleu (1988), da cui emerge un ritratto stereotipa­to dell’italiano: «Era un film francese, si capisce», dice oggi Pelizzari: «I media ci giocano sempre: meglio avere due uomini agli antipodi a sfidarsi a cento metri di profondità che uno solo a 300. Però la loro era una differenza umana reale: quanto Mayol, che pure è stato il mio maestro, era saggio e distante, tanto Maiorca era spontaneo, franco, un amico. Uno sapeva otto lingue, girava il mondo, era un solitario, l’altro era un uomo all’antica, legato alla fami- Da un punto di vista sportivo, se il francese puntava sugli aspetti mentali del training, tra yoga e meditazion­e, l’italiano allenava il corpo senza dargli tregua, spingendol­o oltre il limite. Ricorda Pelizzari: «Guardate su YouTube: si preparava con una respirazio­ne profonda, un’iperventil­azione. Lo prendevo in giro, per questo: sembravi un asino che raglia! E lui: “Ma tu, nato a Busto Arsizio, che vuoi saperne? Sei un alpino”». Amava scherzare Maiorca, e, complici la generosità umana e il carisma, raccontava il mare facendo breccia nel cuore delle persone: così durante le dirette degli Anni 70 e 80 e poi a Linea Blu, con i suoi libri (la sua autobiogra­fia, Sotto il segno di Tanit,

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