PELIZZARI RICORDA PER NOI ENZO MAIORCA Ha fatto cose da EXTRATERRESTRE
PIONIERE DELL’APNEA, PORTÒ IL MARE NELLE CASE DEGLI ITALIANI E SUPERÒ I LIMITI ANCHE IN TV, BESTEMMIANDO IN DIRETTA. «QUANDO I MEDICI ESCLUDEVANO POTESSE SOPRAVVIVERE, LUI SI TUFFAVA, E RISALIVA», RICORDA IL PIÙ FAMOSO DEI SUOI EREDI
Lo disse in inglese, per farsi capire anche dall’équipe internazionale: “Impossible is an opinion”, impossibile è un’opinione, e si tuffò, raggiungendo i 50 metri di profondità: stabilì il suo primo grande record di apnea e smentì le teorie secondo le quali quello che voleva fare non era nelle possibilità umane, e non avrebbe avuto scampo. Ma Enzo Maiorca era un extraterrestre. Risalì, ed entrò nel mito». Umberto Pelizzari, suo erede, ricorda così l’apneista siciliano scomparso domenica, a 85 anni, dopo una vita di prime volte, record battuti, successi personali e sportivi. L’ultimo, del 1988, di -101 metri.
OLTRE I LIMITI, ANCHE IN TV
Siracusano ruspante, pioniere e simbolo di un’epoca dello sport e del costume fatta di grandi passioni e grandi imprese, l’uomo che portò il mare nelle case degli italiani superò i limiti anche in tv: merito - e colpa, per l’ostracismo nei suoi confronti che ne derivò - dell’episodio in cui mandò a quel paese Enzo Bottesini, l’inviato Rai, esperto di immersioni nonché ex campione di Rischiatutto, incaricato di riprenderlo durante una delle sue imprese. Era il 22 settembre del ’74, al largo della costiera sorrentina: Maiorca andò a sbattere contro il Pelizzari, 51 anni. Il record di Pelizzari, nel 2001, è -131 metri. Tra i suoi libri, Lezioni di apnea (Mursia). cameraman, riemerse imprecando, e dalla sua bocca uscirono le prime bestemmie in diretta tv della storia.
COME COPPI E BARTALI
Erano anni in cui l’Italia si scaldava per le sfide, sempre umane oltre che agonistiche: quella precedente tra Coppi e Bartali come quella tra il siciliano verace Maiorca e il francese, nato a Shanghai, Jacques Mayol, il sofisticato. Luc Besson ci fece per- sino un film, Le Grand Bleu (1988), da cui emerge un ritratto stereotipato dell’italiano: «Era un film francese, si capisce», dice oggi Pelizzari: «I media ci giocano sempre: meglio avere due uomini agli antipodi a sfidarsi a cento metri di profondità che uno solo a 300. Però la loro era una differenza umana reale: quanto Mayol, che pure è stato il mio maestro, era saggio e distante, tanto Maiorca era spontaneo, franco, un amico. Uno sapeva otto lingue, girava il mondo, era un solitario, l’altro era un uomo all’antica, legato alla fami- Da un punto di vista sportivo, se il francese puntava sugli aspetti mentali del training, tra yoga e meditazione, l’italiano allenava il corpo senza dargli tregua, spingendolo oltre il limite. Ricorda Pelizzari: «Guardate su YouTube: si preparava con una respirazione profonda, un’iperventilazione. Lo prendevo in giro, per questo: sembravi un asino che raglia! E lui: “Ma tu, nato a Busto Arsizio, che vuoi saperne? Sei un alpino”». Amava scherzare Maiorca, e, complici la generosità umana e il carisma, raccontava il mare facendo breccia nel cuore delle persone: così durante le dirette degli Anni 70 e 80 e poi a Linea Blu, con i suoi libri (la sua autobiografia, Sotto il segno di Tanit,