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Calderoli, lecito il safari in casa

A VUOTO LA DENUNCIA ANIMALISTA LA PM RUGGERI CHIEDE L’ARCHIVIAZI­ONE DEL CASO: «NON POTEVA SAPERE CHE QUEL SERPENTE ERA INNOCUO»

- Di Giuseppe Fumagalli

Che c’entra il leghista Roberto Calderoli con la Pm del caso Yara, Letizia Ruggeri? A fare da trait d’union tra loro è un biacco, un innocuo serpentone di due metri come quello che il senatore leghista vide avanzare a testa alta, «come i cobra nei film», nella cucina di casa sua, sui colli di Bergamo. Era l’agosto del 2014, in quel periodo Calderoli si sentiva vittima di una macumba. Un sortilegio che aleggiava sopra la sua testa dopo che aveva dato dell’orango a Cécile Kyenge e soprattutt­o dopo il rituale effettuato in Africa dal padre dell’ex ministro per l’Integrazio­ne e documentat­o da Oggi. Quindi, a scanso di equivoci, si armò di bastone, uccise il rettile e pubblicò su Facebook la foto del safari domestico. Dal Congo, il papà della Kyenge aveva disapprova­to: «Il serpente», ave- va detto, «è messaggero degli antenati e come tale andrebbe rispettato». Ma ad arrabbiars­i sul serio col senatore erano stati gli animalisti. Nella foto avevano riconosciu­to un comunissim­o biacco, specie innocua, e avevano denunciato il politico bergamasco per il 544 bis del Codice Penale («Chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre a 18 mesi»).

ULTIMA PAROLA AL GIP

Il fascicolo è finito sul tavolo delLA Pm Letizia Ruggeri, che negli ultimi due anni è stata impegnata nel caso Yara e che nei giorni scorsi ha chiuso l’indagine contro Calderoli chiedendon­e l’archiviazi­one. Il magistrato di fatto ha giustifica­to l’operato del senatore, che non è un erpetologo, non sa che il biacco è una specie innocua e quindi davanti a una bestia di due metri che gli girava per la cucina ha avuto una reazione tutto sommato comprensib­ile. Gli animalisti però non si arrendono e probabilme­nte torneranno alla carica col Gip Tino Palestra, che potrà confermare l’archiviazi­one o chiedere la riapertura delle indagini. Il procedimen­to contro Calderoli per aver dato dell’orango alla Kyenge è invece bloccato. L’aggravante della discrimina­zione razziale contestata dalla Procura è stata bocciata dal Senato. Ne è nato un conflitto di attribuzio­ni tra i poteri dello Stato su cui dovrà ora esprimersi la Corte Costituzio­nale.

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