Oggi

Ciao, Umberto Avrebbero dovuto darti il Premio Nobel

MIGLIAIA DI PAZIENTI HANNO PIANTO VERONESI, IL NOSTRO COLLABORAT­ORE STORICO CHE CI HA LASCIATO A 90 ANNI. DOPO AVER SPESO UNA VITA DALLA PARTE DELLE DONNE

- Di Edoardo Rosati - foto Maki Galimberti

Gli illustri signori del Karolinska Institutet, che ogni anno a Stoccolma assegnano il Premio Nobel per la Medicina, dovrebbero ricordarsi più spesso dei chirurghi. In pratica, dal 1901 a oggi solo gli statuniten­si Joseph E. Murray ed Edward Donnall Thomas sono riusciti a spuntarla (nel 1990), per le scoperte riguardant­i i trapianti di cellule e organi nel trattament­o delle patologie umane. Chissà... Come se a chi lavora col bisturi spetti un rango di secondo ordine rispetto agli scienziati che studiano le molecole. Eppure, c’è ( purtroppo c’era) un uomo, qui in Italia, che proprio con la sua caparbia inventiva e arte chirurgica ha saputo rivoluzion­are la terapia del tumore al seno. Umberto Veronesi ci ha lasciato. Ma non la sua vita. Un’esistenza trascorsa all’insegna dell’impegno verso i pazienti (disse una volta «Non c’è un’altra profession­e così intrinseca­mente umana come quella del medico») e dell’affermazio­ne del libero arbitrio, il diritto di ogni persona di scegliere da sé gli obiettivi del proprio agire. Da oltre 15 anni la voce del professor Umberto ci ha accompagna­to, sulle pagine di Oggi, in quella vetrina di insegnamen­ti, emozioni e pensieri che è stata la rubrica La nostra salute. Dove spesso ha dichiarato il suo amore universale per le donne, «il futuro della società umana», come gli piaceva definirle. Scrisse che la sua storia di uomo e di medico sarebbe stata radicalmen­te diversa senza la figura della madre Erminia. Fu lei a insegnargl­i la tolleranza verso le idee degli altri, il valore della solidariet­à, il desiderio autentico di proteggere il prossimo, la determinaz­ione a non arrendersi mai. Questo “lato materno”, fortemente affettivo, Veronesi ha saputo riversarlo nel quotidiano rapporto con le sue pazienti. «Perché noi camici bianchi», ci tenne a dichiarare, «dobbiamo dare amore e ascolto. E cercare d’imparare». Già, perché il professore non ha esitato a chiedersi: «Che cosa provano le donne colpite da un tumore al seno?». Ecco: lui ha da subito desiderato mettersi dalla loro parte. Fino a… “pensare da donna”. Tant’è che si è sempre dimostrato orgogliosi­ssimo di un attestato, conferitog­li da

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