Per riavere la borsa ho sfidato i rom
«A ME E ALLA MIA SQUADRA AVEVANO PRESO TUTTO», RACCONTA ANNALISA TIBURZI, PODISTA SVALIGIATA MENTRE CORREVA LA MEZZA MARATONA ROMA-OSTIA. «MA IO HO LOCALIZZATO LA REFURTIVA IN UN CAMPO NOMADI. E ALLA POLIZIA HO DETTO: O ENTRATE O FACCIO DA SOLA»
Il caso è felicemente risolto. Oddio, forse felicemente no. Ma risolto di sicuro. «Abbiamo limitato i danni del furto subìto mentre eravamo in gara», racconta con piglio dolce l’avvocato Annalisa Tiburzi, 36 anni, da Avezzano. Donna di legge e di corsa. Detective all’occorrenza. Tenace e caparbia. Capace, in pantaloncini e pettorina, di recuperare una parte della refurtiva trafugata dal pullman della sua squadra podistica. E ritrovata in una discarica adiacente al campo nomadi di Castel Romano, sulla Pontina, grazie a un’applicazione del suo iPhone, che ha permesso di individuare dove fosse nascosto il malloppo. Facciamo un passo indietro. È l’alba di domenica 12 marzo. Tiburzi e suoi 34 compagni di (dis)avventura lasciano Avezzano, per raggiungere Roma Eur. Da lì prende il via la mezza maratona Roma-Ostia, 21 chilometri con vista sul mare. «È stata una bella gara. Ho finito in un’ora e 48 minuti. Il mio tempo record». Ostia, mezzogiorno. Fin qui tutto bene. «I problemi cominciano dopo. Andiamo nella piazzola dove era stato parcheggiato il nostro pullman. La portiera lato autista è stata forzata. Hanno fatto piazza pulita. I ladri dall’interno si sono calati nel vano bagagli e si sono portati via i borsoni, dove c’erano tutte le nostre cose: vestiti, documenti, chiavi, cellulari. Siamo rimasti in braghe di tela». Nel senso letterale dell’espressione. «Meno male che era una tiepida giornata primaverile», ironizza l’avvocato Tiburzi. «Ma la vera fortuna è stata un’altra. Paolo Corsi, il presidente della società sportiva Podistica Luco dei Marsi, ha salvato il suo smartphone, perché non l’ha lasciato sul pullman, ma l’ha affidato all’autista». È la chiave di volta. «Purtroppo altri due mezzi sono stati svaligiati. Siamo un centinaio a fare la denuncia alla più vicina stazione dell’Arma, quella di Tor de’ Cenci. La fila si preannuncia lunga. Le procedure burocratiche sono lente. Non è colpa dei Carabinieri, che anzi sono gentilissimi. Mentre siamo in coda, a me viene un’idea. Perché non tentare di rintracciare i ladri, se non si sono ancora liberati del maltolto? Il mio iPhone ha un’applicazione che permette di geolocalizzarlo da un altro dispositivo. Il cellulare del presidente diventa il nostro prezioso grimaldello.
«È SPARITA OGNI COSA MA ALMENO DOCUMENTI E CHIAVI C’ERANO »
I malviventi non hanno disattivato la sim. Riusciamo a individuare la zona in cui si trova la refurtiva: il campo nomadi di Castel Romano». Annalisa è una donna d’azione. L’idea è quella di andare subito a recuperare le proprie cose. «Anche perché cominciava fare freschino. La stazione dei Carabinieri non è attrezzata per un blitz. Bisogna escogitare qualcosa». Il legale formula un piano e trascina gli infreddoliti compagni sul pullman. La denuncia può attendere, si va al campo nomadi. Qui scatta la fase due, quella più sottile e sofisticata. «Ho bluffato. Come a volte si è costretti a fare in aula. Davanti al centro, ho chiamato il 112. Ho spiegato che avevamo la certezza di ritrovare il malloppo. E ho detto che eravamo pronti a entrare da soli. In realtà, non l’avremmo mai fatto. L’atmosfera davanti al campo era piuttosto minacciosa. Circa 3 mila nomadi ci guardavano con malcelata rabbia. Per fortuna la mia piccola forzatura ha funzionato alla perfezione. In 18 minuti sono arrivate sei volanti, che hanno circondato la struttura. Poi anche le camionette con 60 poliziotti. Siamo entrati con gli agenti nel campo. È cominciata la perlustrazione. In un terreno adiacente a un muretto, c’era un’immensa discarica a cielo aperto. Lì c’erano anche le nostre borse. Svuotate. Ma con dentro i documenti, le chiavi di casa e della macchina. Il massimo. Ci abbiamo rimesso pantaloni, camicie, giubbotti, scarpe, soldi e costosi telefonini. Eppure eravamo sollevati. Potevamo rincasare con le nostre macchine. Ora mi resta da fare solo una cosa», spiega Annalisa. Il cronista immagina sofisticati congegni antifurto da installare sul pullman. Macché. «Devo allenarmi ancora di più. So che posso migliorare il mio tempo». Buona corsa, avvocato.