Con questa festa Emma ha cominciato a dimenticare l’orrore
TORTE, REGALI E L’IMMANCABILE BARBIE. LA BAMBINA CHE IL PADRE MOHAMED AVEVA TRASCINATO CON SÉ SOTTO LE BOMBE DI ALEPPO FESTEGGIA IL SETTIMO COMPLEANNO IN ITALIA TRA LE BRACCIA DELLA MADRE ALICE. E CHIUDE UN INCUBO DURATO CINQUE ANNI
Festa grande, torte, regali. Ci sono giorni speciali e il 20 marzo 2017 rimarrà nella vita di Emma Houda come uno di quelli. Per il suo settimo compleanno ha ricevuto la Barbie dei suoi sogni, vestitini e il Sapientino, per imparare a conoscere il mondo. Ma nella serata che chiude l’inverno e spalanca le porte alla primavera la bimba ha anche festeggiato un suo personale cambio di stagione e il passaggio definitivo dall’incubo a una vita normale. Cinque anni fa, quando non aveva ancora compiuto due anni, Emma è stata rapita dal padre Mohamed Kharat, che l’ha portata con sé in Siria e l’ha affidata ai nonni paterni ad Aleppo, città al centro di una sanguinosa guerra civile, dov’è rimasta fino a pochi giorni fa. Dopo aver visto tutto crollare attorno a sé, un bel giorno ha visto dissolversi anche il castello incantato che la teneva prigioniera e il 10 marzo, accompagnata dagli agenti di Polizia, è tornata in Italia. «Non è stata una magia e forse un giorno le racconteremo tutto», dice la madre Alice Rossini, che nel frattempo si è rifatta una nuova vita, ha un nuovo compagno e altre due bambine. «Non so nemmeno io come siano andate esattamente le cose. Di sicuro è stata decisiva l’estradizione del mio ex, avvenuta il 10 febbraio scorso. Non so se è stato lui a parlare. Credo siano stati stati i parenti. Si sono trovati con questa bambina e senza saper più cosa fare, senza nessuno che li aiutasse a crescerla e mantenerla. Hanno deciso di restituirla e mettere fine al mio calvario». Alice esplode di gioia. Ma il calvario c’è stato, è stato durissimo e non può essere dimenticato. «Nel 2015 Mohamed mi disse di mettermi il cuore in pace che tanto la bimba era morta», racconta la donna. «Non gli ho creduto. Sapevo che voleva solo farmi star male. Da musulmano si rodeva, non accettava di essere stato lasciato da una donna. Doveva punirmi, farmela pagare. Se m’avesse ammazzato non avrebbe mai goduto quanto vedendomi soffrire. Ce l’ho con lui e con tutti quelli che l’hanno aiutato. Di una cosa però devo dare atto. La bimba è sana e quindi vuol dire che è stata curata. E quando mi ha visto mi ha subito riconosciuto e quindi vuol dire che in tutti questi anni le hanno mostrato le mie foto, le hanno spiegato chi era la
sua mamma. Emma oggi parla solo arabo ma è incredibile, sin dal primo giorno, a gesti e a sguardi è riuscita a spiegarsi e farsi capire da tutti».
NON SAPEVANO DOV’ERA
Per anni nessuno ha saputo dove si trovasse Emma. La madre sperava che fosse a Istanbul, lontano dalla guerra. E invece è cresciuta proprio ad Aleppo, la città più martoriata della guerra civile siriana. «Non sono una psicologa», continua Alice, «ma Emma sembra serena, sorride e gioca con tutti e la notte dorme tranquilla. Di sicuro ha vissuto momenti brutti e conosce la realtà della guerra. Una mattina mi ha trascinato davanti alla tv dove facevano vedere delle scene registrate proprio ad Aleppo. S’è stretta a me, mi ha abbracciato fortissimo e ha fatto “brrrrr”, un lungo brivido come per farmi capire quel che aveva visto e vissuto in tutti questi anni». L’impressione è che dieci giorni, come un colpo di spugna abbiano di colpo cancellato cinque anni. Ma Alice Rossini preferisce andare coi piedi di piombo. «Emma è molto affettuosa con tutti, con le due bambine si è subito posta come sorella maggiore, le abbraccia, le fa giocare, le segue, le accudisce, sta attenta che non si mettano in pericolo», conclude la mamma, «ma mi sembra tutto troppo bello e troppo semplice». E aggiunge: «Mi farò aiutare da persone competenti, psicologi specializzati con l’infanzia per evitare qualsiasi errore e non fare danni a una bimba che a sette anni ha già sofferto abbastanza. Come e cosa fare con suo padre non lo so. Non voglio che venga cancellato. Da mamma l’unica cosa che voglio è il bene della bambina, quindi sarà lo psicologo a dirmi cosa dirle e cosa farle fare. Intanto festeggiamo. E cantiamo tutti insieme “Tanti auguri Emma”. Ne ha bisogno».