«Ma fino ai 40 anni si può provare da soli»
Due settimane per mettere i propri ovuli in “banca”. E molti anni per decidere quando utilizzarli per far nascere un figlio. La tecnica di conservazione degli ovociti per una futura gravidanza si chiama vitrificazione ed è l’ultima evoluzione della
criopreservazione, cioè il congelamento delle cellule, con un abbassamento molto rapido della temperatura che evita la formazione di cristalli di ghiaccio. «Questo metodo consente agli ovociti di non essere danneggiati», spiega Pasquale Bilotta, 64 anni, fondatore e direttore scientifico della clinica AlmaRes di Roma. Pioniere della procreazione assistita con 37 anni di esperienza comemedico della riproduzione, Bilotta ha fatto nascere oltre 3 mila bambini e nel 2014 ha condotto la prima fecondazione eterologa in Italia. «La donna che decide di conservare i suoi ovuli viene sottoposta a una stimolazione ormonale monitorizzata, che ha una durata tra gli 8 e i 10 giorni» , racconta. «Quando gli ovociti sono maturi, ne vengono prelevati circa dieci e quindi congelati. Al momento dello scongelamento, vengono fecondati e si avranno in media sette-otto embrioni. Con una percentuale di gravidanza del 50-55% per embrione, ben più del 20-25% che ha ogni mese una coppia giovane, fertile e sana». Anche perché il procedimento può essere
ripetuto più volte, per aumentare il “tesoretto” di ovociti, che restano in “banca” fino a quando la donna non decide se e come utilizzarli. « Se trova un compagno prima dei 40 anni, l’età in cui si diventa subfertile, le consigliamo di provare per un anno a rimanere incinta
naturalmente e solo dopo di affrontare la fecondazione assistita. Se ha oltre 40 anni, si procede subito». E se un compagno non c’è, ma si vuole comunque un figlio? «Allora», risponde Pasquale Bilotta, «deve trasferire gli ovuli in un Paese dove è consentita la procreazione assistita anche da single».