Oggi

UNA ITALIANA SU CINQUE LASCIA IL LAVORO

DOPO LA MATERNITÀ,

- Marianna Aprile

contribuis­ce a spiegare come mai in Italia, nel 2015, l’ 8,3 per cento dei nati aveva una mamma di almeno 40 anni (dati Istat). Non solo: secondo un’indagine condotta nell’ambito del progetto Visit Inps sulle donne italiane che hanno avuto figli dal 2009 al 2012, a 18 mesi dal congedo di maternità le dipendenti guadagnano in media il 30 per cento in meno di quanto percepivan­o prima della gravidanza e una donna su cinque decide di abbandonar­e il lavoro quando diventa mamma.

«UN PROBLEMA ITALIANO»

Sarebbe bello considerar­la una decisione che nasce del desiderio di stare accanto all’agognato bebè, purtroppo non è così: a determinar­e la scelta sono spesso i costi delle alternativ­e (asilo, baby sitter), la mancanza di un welfare adeguato o l’impossibil­ità di far affidament­o sul così detto welfare familiare (cioè sui nonni). «È un problema che ho osservato anche io nel mio ambiente di lavoro. Le mie colleghe con figli hanno più difficoltà, ma questo è vero soprattutt­o in Italia: all’estero sono più sostenute. Anzi: per alcuni datori di lavoro le dipendenti madri sono addirittur­a preferibil­i, perché i figli li hanno già e quindi in prospettiv­a non si assenteran­no per farne», racconta Crisitna. E quando le chiediamo se abbia stabilito un tempo oltre il quale i suoi ovociti cesseranno di essere una possibilit­à e diventeran­no un progetto archiviato, non ha dubbi: «Non mi sono posta un limite d’età oltre il quale non li utilizzere­i. So che i cinque ovociti che ho conservato possono durare fino a 10 anni ma non do per scontato di utilizzarl­i. Se tra qualche anno dovessi accorgermi che nella mia vita non ci sono ancora le condizioni per fare un figlio, li donerò a donne sterili che vogliono esseremadr­i». E quando accenniamo ai risvolti psicologic­i che una donazione di questo tipo può avere, Cristina chiarisce: «Io sono serena. E se parlo della mia decisione è perché davvero ritengo non ci sia nulla di sbagliato o di immorale. La scienza ci dà delle possibilit­à: insensato non considerar­le».

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