Si trapiantano anche cuori “imperfetti”?
AROMA, UN UOMO È MORTO DOPO L’ INTERVENTO. I FAMILIARI SOSPETTANO CHE L’ ORGANO FOSSE“DIFETTOSO”
Laprevenzionee la cura delle malattie cardiovascolari ci hanno allungato la vita: logico dunque che aumenti l’età dei candidati a trapianto
e quella dei donatori di cuore, anche se l’età del ricevente e del donatore influisce sul successo del trapianto. Altri fattori importanti sono le condizioni preoperatorie del candidato, la compatibilità immunologica e di taglia tra donatore e ricevente, il tempo che passa tra prelievo e riperfusione del cuore, e le complicanze perioperatorie e postoperatorie, tra cui tipicamente il rigetto e le infezioni. Il cuore del donatore viene valutato con test di laboratorio, ECG, ecocardiogramma e, quando indicato, coronarografia. Prima del prelievo, il cardiochirurgo rivede la storia clinica, i farmaci impiegati a sostegno del circolo (la morte cerebrale provoca uno squilibrio che può mettere in difficoltà anche un cuore sano), e in camera operatoria ispeziona direttamente il cuore. Si pone la massima cura per tutelare il successo del trapianto senza scartare cuori potenzialmente idonei: i trapianti di cuore soddisfano meno della metà del fabbisogno, e aspettare il cuore perfetto può non essere la soluzione migliore.
Minime alterazioni coronariche o valvolari o una modesta ipertrofia possono essere accettate, anche in rapporto all’urgenza e gravità dei candidati.
I pazienti e l’opinionepubblica ripongonomolte aspettative nel trapianto, ma
va ricordato che in tutto il mondo la sopravvivenza a un anno dal trapianto di cuore è intorno all’80%: lamaggior parte dei decessi avviene entro un mese dall’intervento,
e la prima causa di morte è la disfunzione del cuore trapiantato.