Oggi

L’ITALIANO DI SCIANÈL

La Cristina Donadio, 57, «Se Scianèl di non parlo in italiano i fan mi riconoscon­o», dice.

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rimanergli amico e consolarlo. Ci sono finita dentro (e ci sono anche rimasta per un po’, confesso), e la sola cosa che mi impedisce di chiamare un buon dottore (vero) è la consapevol­ezza di non essere l’unica né la prima. «Per anni, mi è capitato di essere fermato per la strada da spettatori che mi chiedevano consulenze mediche», ammette Giulio Scarpati, per tutta Italia, per anni, Lele Martini di Un medico in famiglia. «Scambiavan­o Giulio per Lele, unmeccanis­mo di identifica­zione molto frequente. Che poi è anche il motivo per cui spesso gli attori si allontanan­o dalle serie che interpreta­no, anche quando sono di successo: si finisce per rimanere incastrati nel personaggi­o». Gli attori rimangono in- castrati nei loro personaggi, lo spettatore nelle storie di quei personaggi e a rimetterci è la realtà, che diventa sfumata, confusa. La ciliegina sulla torta ce la mettonoWeb, canali satellitar­i e social network.

CI SONO I “FAMELICI”

Di fatto, oggi esistono due tipi di telespetta­tori. I primi, “tradiziona­li”, da sempre aspettano il giorno “x” per seguire le gesta di Don Matteo o del Commissari­o Montalbano. E alla fine della puntata possono al più accarezzar­e l’idea di un giro turistico nei luoghi di Montalbano (sì, ho fatto anche questo) o una gita tra Gubbio e Spoleto sulle tracce di Don Matteo (ehm, fatto...). I secondi, che (con un

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