La post@ dei lettori
SCRIVETE A:
MOLESTIE E VITTIME
Caro direttore, ho letto il suo editoriale sul tema delle molestie («Te la sei cercata», n. 48) e sono d’accordo con lei in tutto. Tutte queste denunce a posteriori sono fuori luogo e ridicole. E poi siamo chiari: le signore in questione hanno accettato di buon grado le “molestie” per fare carriera e ora fanno le vergini stuprate. Per quanto riguarda Don Guidotti, il prete, non si doveva neppure scusare, ha perfettamente ragione: la ragazza se l’è cercata e vorrei sapere cosa fanno i genitori invece di vigilare sui propri figli, sanno solo concedere totale libertà e riempire i loro portafogli di soldi.
Claudia Caro direttore, ho appena finito di leggerla, come tutti i venerdì, mentre pranzo da sola. Se potessi, condividerei il suo scritto ovunque. È esattamente quello che penso io! Parola per parola, niente di meno e niente di più! Mi domando come mai le molestate o stuprate si sono svegliate improvvisamente tutte ora e tutte assieme? Perché fino a ora sono state zitte? Qualcuno diceva che a pensaremale si fa peccato, ma spesso ci si azzecca... Grazie per i suoi sempre puntuali e stupendi editoriali. Cinzia Cimitan
Cara Claudia, cara Cinzia,
come ho cercato di far capire nell’editoriale, stiamo però attenti: non tutte le “vittime” sono autentiche vittime, ma i predatori vanno comunque denunciati e perseguiti. Così come non tutte le avance sono molestie, ma possono diventarlo quando il “corteggiator cortese” è un uomo potente che approfitta della sua posizione. Caro direttore, lettore di Oggi da tanti anni, ho letto il suo editoriale sull’abuso dei termini inglesi nella nostra bella lingua. D’accordo con lei che alcune parole per essere tradotte in italiano creano qualche difficoltà, ma vedere i negozi in questo periodo pieni di Merry Christmas o gli zerbini con Welcome mi fa un po’ rabbia! Non sarebbe più nostro un Buon Natale o un Benvenuto? Mi sento profondamente italiano e questo mi dà proprio fastidio. Lorenzo Maltese Caro direttore, concordo sul fatto che la lingua è una cosa viva, che si modifica e arricchisce nel tempo, altrimenti ci esprimeremmo ancora con i suoni gutturali dei nostri progenitori. Tuttavia è innegabile l’uso di termini inglesi a tutti i costi. Perché ritenere superato compere e sostituirlo con shopping? Perché non usare il termine sceneggiato? Perché non ambientazione invece di location? La responsabilità è anche di chi avalla espressioni infelici, perché fa sì che diventino di uso comune anche quando non c’è bisogno.
Vincenzo Ardone, Brindisi
Cari Lorenzo e Vincenzo,
vedo che il dibattito sulle parole inglesi è molto caldo. Ma io resto della mia idea: no all’abuso, sì alla ricchezza espressiva che possono darci le altre lingue. Comprese, che so, quella francese o la spagnola. Il fatto è che l’inglese è il vero esperanto del nostro tempo, ed è difficile ignorarlo. A meno di tornare ai tempi in cui, sotto il fascismo, furono abrogate circa 500 parole straniere. Volete qualche esempio? La brioche si trasformò in brioscia, tennis in pallacorda, cocktail in polibibita, bob in guidoslitta, Louis Armstrong in Luigi Braccioforte, garçonnière in giovanottiera. E cotillons in... cotiglioni. Sicuri che non fossero meglio gli originali?
QUEGLI INTERMINABILI TITOLI DI CODA
Caro direttore, le mie divertite congratulazioni a Luca Goldoni per il suo ultimo “sfogo” (n.47): ha destato il mio interesse di cultore di doppiaggio cinematografico. Nel senso che, sempre desideroso di scoprire i nomi dei doppiatori, mi tocca attendere la fine del chilometrico elenco di elettricisti & affini nei titoli di coda, per trovarmi poi di fronte a tre nuove sventure. Non tutte le case di distribuzione segnalano i doppiatori. Due: la velocità con cui scorrono i loro nomi consente di leggerne non più di un paio. Tre: il solerte proiezionista “spegne” spesso il film prima della fine. Potrei aggiungere un quarto inconveniente: mia moglie, insensibile a questa mia passione, è già fuori nel piazzale del cinema che scalpita furibonda!
Ivan Mambretti
Caro Ivan,
come sempre Goldoni ha colto nel segno. I titoli di coda sono così lunghi e zeppi di nomi (fino al più inesperto dei fattorini) che sono quasi un film nel film. Un po’ noioso, però: come quello che leggeva le Pagine gialle convinto che fosse un thriller e poi si lamentava perché c’erano troppi personaggi.