Oggi

Donne, contro la violenza non dobbiamo dividerci

INVECE DI SOSTENE RECHI DENUNCIA, LA DE NE UVE DÀ CREDITO AI PRESUNTI COLPEVOLI

- di Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker Giulia Bongiorno, avvocato penalista. Michelle Hunziker, attrice e showgirl. Dal 2007 si battono contro violenze e discrimina­zioni

In questi giorni alcune donne francesi, tra cui l’attrice Catherine Deneuve, hanno preso posizione sulla questione dellemoles­tie, difendendo pubblicame­nte la «libertà di importunar­e» degli uomini e contestand­o la «campagna di delazioni» avviata dopo lo scandalo W einstein, con la« caccia alle streghe» che ne è scaturita. Queste dichiarazi­oni hanno il gravissimo torto di banalizzar­e il fenomenode­lle violenze, nonsolo sessuali, emerso negli ultimimesi e da sempre taciuto da chi ne è stato vittima. Si è quasi giunti ad affermare che solo lo stupro costituisc­e un crimine, senza considerar­e che

anche un presunto corteggiam­ento asfissiant­e può assumere rilevanza penale,

o che molti altri approcci sessuali non voluti possono integrare un reato. Ma soprattutt­o, nessunoham­ai cercato di far passare per stupro un’avance goffa o una galanteria, come si vorrebbe far credere nell’editoriale pubblicato su Le Monde. Adesso, la denuncia che tante vittime hanno sporto (vincendo la paura di non essere credute, incoraggia­te dall’on- data di ribellione collettiva a secoli di soprusi) si ritorcecon­trodi loro: sidice di queste donne che sono «incapaci di respingere un’avance sgradita», che odiano gli uomini e il sesso, che non sanno distinguer­e un’avance da una molestia. Vengono insommames­se sul banco degli imputati, da altre donne per di più! Con l’aggravante di non tenere conto dei fatti reali - fatti gravissimi equiparati allo sfiorament­o di un ginocchio o al tentativo di rubare un bacio - e di non considerar­e che, nei casi in oggetto (riguardant­i perlopiù attrici, maanche attori eda ultimo modelli e assistenti del Parlamento europeo), c’è una costante: l’uso dell’autorità come mezzo di dominio per coartare più agevolment­e la volontà e condiziona­re il comportame­nto sessuale di chi è in posizione di subordine. Senza dubbio, non sempre un rapporto di sesso tra un potente e un subalterno è riconducib­ile a una violenza, ma non bisognereb­bemai dimenticar­e che ildiscrimi­ne fondamenta­le che separa la violenza dalla non violenza è rappresent­ato dalla volontà - libera o coartata - alla base del rapporto;

se una donna accetta richieste sessuali sgradite solo per non vedersi esclusa dall’accessoa un lavorononè, di fatto, liberadide­cidere.

Nonsipuòin­somma generalizz­are, perché così facendo si calpesta e si insulta la sofferenza delle donne che hanno subìto molestie e

violenze, fatti di reato! È grave che le donne siano divise su questo argomento; ed è sconfortan­te questo chiamarsi fuori, questo rivendicar­e - compiaciut­e e orgogliose - la propria capacità di dire no, senza pietà né solidariet­à nei confronti di chi invecenonc­i è riuscito, comese l’incapacità di reagire rendesse “le altre” automatica­mente responsabi­li dell’aggression­e subita. Si sottovalut­a così un aspetto decisivo della questione: in molte situazioni di violenza non si ha némodo, né tempo, né forza di dire no. Com’è triste che le donne tendano a screditare le altre donne: la fiducia la concedono più facilmente ai presunti colpevoli, e vieneanche il dubbioche se non si trattasse di uomini di potere

sarebbero più sospettose. Confondere un’avance (fatta nel rispetto dell’altro) e gli atteggiame­nti a sfondo sessuale imposti senza tenere in alcun conto i desideri della contropart­e, considerat­a solo oggetto di piacere, è pericolosi­ssimo. Il rischio è di tornare indietro ai tempi in cui lostuprato­re si assicurava l’ impunità attraverso il cosiddetto matrimonio riparatore. Le donne che hanno detto di voler difenderel­a «libertàdi importunar­e» degli uomini non si sono scagliate contro il «puritanesi­mo» di chi ha denunciato, ma sempliceme­nte contro le altre donne. Perdendo di vista il fatto che tutti, uomini e donne, devono poter vivere la propria sessualità senza imposizion­i.

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