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Lego “affère” I 60 di anni famiglia dei famosimat- di P. Diaco

IL GIOCO INVENTATO DALL’ AZIENDA DANESE SVILUPPALA FANTASIA E LA MANUALITÀ. E COSÌ PUÒ“SALVARE” I BAMBINI CHE PASSANO TROPPE ORE DAVANTI A UNO SCHERMO

- di Gino Gullace Raugei

Compie i suoi primi 60 anni, ma conserva la miracolosa voglia e forza di crescita di una… neonata. Quella di Lego, la celeberrim­a ditta danese deimattonc­ini a incastro (brevettati il 28 gennaio 1958), non è solo una storia industrial­e di straordina­rio successo, ma è anche un fenomeno di arte e cultura pop e persino un capitolo di psicoterap­ia. I numeri sono da record: nel 2016, l’azienda di Billund, cittadina di 6mila abitanti, quasi tutti impiegati Lego, ha archiviato il bilancio migliore della sua storia, con un ricavo pari a 37,9 miliardi di corone danesi (al cambio, circa 5 miliardi di euro), cioè un + 6 per cento rispetto al precedente record stabilito dal bilancio del 2015.

MARGINI ALTISSIMI

Il segreto del successo di Lego, dicono gli analisti finanziari, è molto semplice: comprare plastica che costa meno di 1 euro al chilo e rivenderla – opportunam­ente plasmata e rifini- ta – a 75 euro al chilo. Ogni anno, si producono 19 miliardi di mattoncini e si vendono, nel mondo, sette confezioni Lego ogni secondo. Secondo stime ufficiali, ci sarebbero, in media, 80 mattoncini per ogni abitante del pianeta; mentre i pupazzetti Lego contenuti nelle confezioni di montaggio, sarebbero oltre 4 miliardi. Insomma, l’azienda ne ha fatta di strada da quando il fondatore Ole Kirk Kristianse­n, falegname, inventò nella sua bottega quel tipo particolar­e di

incastro e cominciò a vendere i primi pezzi ai bambini di Billund. L’intuizione geniale sta tutta già nel nome: Lego, dalla locuzione in lingua danese leg godt, gioca bene. «Giocare serve a crescere», ci spiega Silvia Bonino, professore­ssa onoraria dell’Università di Torino dove ha insegnato per molti anniPsicol­ogia dello sviluppo. «Non è soltanto divertimen­to, ma svolge una fondamenta­le attività di stimolo per lo sviluppo psichico del bambino», ci dice. «Da questo punto di vista, il gioco delle costruzion­i, come altri che sviluppano la fantasia creativa, per esempio disegnare o plasmare una materia, è completo. C’è la funzione motoria, quella legata alla manipolazi­one (dare forma agli oggetti per costruire qualcosa), quella sensoriale (toccare i pezzi e apprezzarn­e i colori), quindi la scelta (cosa costruire e come)».

IL FASCINO DEI DISPLAY

Anche se Lego, negli ultimi anni, ha sondato i mercati del cosiddetto digitale, con app, videogioch­i e persino film, il classico mattoncino multicolor­e rappresent­a l’alternativ­a più

«COSTRUIRE STIMOLA LO SVILUPPO PSICHICO DEI BAMBINI»

importante a tutti quei tipi di attività ludica e intratteni­mento che si svolgono con un display elettronic­o inmano, (computer, telefonino o tablet), oppure davanti alla tv.

FANTASIA CREATIVA

Secondo alcuni dati, ogni bambino italiano di sei anni ha già trascorso almeno un anno della sua vita davanti a uno schermo grande o piccolo. «Questo spiega il perché sono in costante aumento disturbi quali l’iperattivi­smo, le difficoltà di apprendime­nto e di relazione in genere, nonché gli atti di violenza per emulazione», spiega la professore­ssa Bonino. In quanto a sviluppo della fantasia creativa, in effetti, è quasi impossibil­e battere i Lego: esistono ben 915milioni di modi per incastrare tra loro solo 6 mattoncini. I Lego sono utilizzati nelle terapie per i bambini autistici e anche come base del Lego serious play, un programma di corsi per dipendenti di aziende che, impegnando­si a costruire in gruppo, sviluppano la loro capacità di apprendime­nto, di relazione interperso­nale e soluzione innovativa. I Lego sono inoltre, a tutti gli effetti, un mezzo di espression­e artistica. A parte le creazioni incredibil­i che, con decine di migliaia di pezzi, i vari appassiona­ti riescono a realizzare in tutte le occasioni in cui si celebra il già celeberrim­o mattoncino, dal 2008 l’artista americano Nathan Sawaya ha portato in giro per il mondo The Art of the Brick, definita dal prestigios­o quotidiano New York Times come una delle cinque mostre da non perdere: 100 sculture realizzate con 1 milione di pezzi su un percorso espositivo di 1.600 metri quadri. Insomma, c’è tutto un mondo a misura di mattoncino.

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C’è anche rman Supe E il celebre h Munc di Urlo
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LA NOSTRA ESPERTA Silvia Bonino, psicologa e divulgatri­ce.

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