Luca Giurato «Parlo con le statue»
LE ESILARANTI CONFESSIONI DELL’EX CONDUTTORE DIUNO MATTINA, RECORDMANDI “PAPERE”: DAL PILOTA TEDESCO CHE INGIOVENTÙLOBECCÒALETTOCONLAMOGLIE («QUANTEBOTTEHOPRESO!») ALLEDOCCECOIMOCASSINI...
Ho 78 anni, sto bene, perché faccio una vita regolare. Mi sveglio alle 8, e poi, tutti i santi giorni, vado a correre a Villa Borghese. Ormai faccio parte del paesaggio, come il “bruscolinaro”, o la giostrina. Ci passo così tanto tempo che ormai parlo con le tre statue che incontro nel parco». Viene da chiedergli se si limiti al «buongiorno», «buonasera», o se si sentano più intimi... «Con quelle di Byron e Garcilaso Inca de la Vega faccio belle chiacchierate. Sa, conosco bene inglese e spagnolo. Con Goethemi limito a un cenno. Il tedesco non l’ho imparato per colpa dei controllori di volo». Intervistare Luca Giurato, giornalista di valore, conduttore di successo e innarrivabile gaffeur, è come inseguire la Giulia dei banditi in un film Anni 70: inversioni a U, testacoda, scarti a destra e improvvise accelerate. A ogni frase cerca di seminarti. Quindi stiamogli alle calcagna. Scusi, che c’entrano col tedesco i controllori di volo? «C’entrano. Iniziai a prendere lezioni private con Ursula, una insegnante del Goethe Institute di Roma. Era molto brava, però era soprattutto una bionda da infarto. Così abbiamo subito abbandonato il tedesco e ogni volta che ci incontravamo mi faceva delle lezioni speciali. Il marito era pilota Lufthansa; come decollava, lei mi telefonava e la andavo a trovare. Un giorno però, per uno sciopero dei controllori di volo, lui è tornato a casa e ci ha
sorpresi insieme». L’ha incenerita con lo sguardo? «Magari. Quello picchiava come un fabbro: le botte che ho preso! Ancora piango. Sono A destra, Luca Giurato 78 anni, con la seconda moglie Daniela Vergara, 66, volto notodel Tg2. «È troppo intelligente per non sapere che i miei complimenti alle donne 60 sono solo sparate».
scappato mezzo nudo. Per tornare a casa mi feci prestare dal portiere del palazzo una camicia. Mi ricordo: urlava e mi gonfiava di mazzate, sembrava un ufficiale della Gestapo. Giuro: ne presi così tante che da quel giorno per la lingua tedesca ho un blocco».
«A pra foco, chedo scudo, arnanatica militare, buongiollo a totti, i kamikazi, un piatto di fasta al luogo». A volte anche con l’italiano ha avuto un blocco. Quando conduceva Uno Matti
na, sembrava che le sillabe uscissero dalla sua bocca mescolate come i bastoncini dello Shangai. «Per condurre quel programma per dieci anni mi sono alzato alle 5. Se la sera prima facevo tardi il giorno dopo, in trasmissione, le papere erano una certezza. La migliore di tutte fu quando entrai in studio l’ 8 marzo e augurai un buon 1° maggio a tutte le donne».
Le sue gaffes erano il core business di Striscia la Notizia. «Lo dico con orgoglio, lei sta parlando col recordman assoluto di tapiri: sei più uno di platino special edition, ideato appositamente per me. Se viene Putin e mi dice “Dammi il super tapiro” gli rispondo: “Vladi, sei l’uomo più potente del mondo, ma io il supertapiro non lo mollo”. Faccio una confessione pubblica: di quando lavoravo, la cosa che mi manca di più sono le prese per i fondelli di Ricci e della sua banda».
Lei avrebbe voluto fare concorrenza a Striscia con un programma di satira. «Avrei voluto, ma ho rinunciato. Un po’ per l’età, un po’ per il materiale a disposizione. Berlinguer, o Andreotti, erano dei personaggi straordinari, dei soggetti perfetti per la satira. I politici di oggi sono persone di unamodestia assoluta. Di Maio è uno che si mette in giacca e cravatta per il pranzo di Pasqua a casa di mammà. È di una tristezza, pover’uomo! Gli auguro di fare il premier, però a vederlo è insignificante, mi sembrerebbe perfetto come commesso in un negozio di telefonini, e speriamo che non si arrabbino i venditori di telefonini».
Il livello dei politici rispecchia una involuzione degli italiani? «Senta, ho un appartamentino a Mia- mi. Una volta, in Florida i turisti italiani erano molto amati, ora non più. A luglio e agosto dall’Italia arrivano orde di burini: urlano, fanno casino. Non sono cattivi, ma tanto cafoni. Quando mi riconoscono urlano: “A Luca, ma che ci fai qui? Vie’ che se famo un selfie”. Oddio, a Miami una volta ho fatto anche io la figura del selvaggio. Un po’ perché mi scordavo sempre la ciabatte, un po’ per far divertire gli amici, in spiaggia mi facevo la doccia con i mocassini. Poi è arrivato il bagnino cubano e mi ha fatto capire che la doccia coi mocassini la potevo fare a Ladispoli, non nel suo stabilimento. Non so, ma ho avuto la sensazione che se insistevo finiva come col pilota della Lufthansa».
Ha sempre voluto fare il giornalista e il conduttore? «Sì: il problema era mio padre, ambasciatore ultra conservatore che desiderava per i suoi figli la carriera diplomatica. Invecemio fratello Flavio fa il regista e il cantautore di culto, Blasco è un direttore della fotografia bravissimo, ha firmato quella di Nuovo Cinema Paradiso, mia sorella è geologa. Papà ha insistito soprattutto con me. Mi ha iscritto alla facoltà di Legge a Roma e non ho dato un esame. Poi a quella di Losanna: mi innamorai di un’iraniana e i libri non li aprii. Infine di nuovo a Roma, a Scienze Politiche. Confesso: invece di studiare correvo dietro alle ragazze».
Anche sul lavoro correva dietro alle colleghe? «Mai, in tv ho avuto partner bellissime, ma solo su Livia Azzariti ho fatto un pensierino serio. Sono rimasto sul platonico, ma era fantastica».
Sua moglie, la giornalista Daniela Vergara, non si arrabbia? «Mia moglie è troppo intelligente per non sapere che le mie sono solo sparate».