Canzona L’avvocato delle cause pazze è finito per strada
«HO CHIUSO LO STUDIO, NESSUNOMI DÀLAVORO», DICE IL PIONIEREDELLE FAKENEWS SBUGIARDATO DA STRISCIA (E SOSPESO DALL’ORDINE). CHE PER SALVARSI VUOLE RIVOLGERSI ALL’ANAGRAFE...
Quando le fake news si chiamavano ancora bufale, e non eleggevano il presidente degli Stati Uniti d’America, l’avvocato Giacinto Canzona ne possedeva un assortimento vasto e variopinto. Era, Canzona, una specie di Cambridge Analytica in scala lillipuziana. Anziché agli elettori, mirava ai lettori. Raccoglieva i loro gusti, annusava l’aria, confezionava notizie che sembravano barzellette. Cresceva l’islamofobia? Lui ti serviva la storia dell’imam beccato a guidare ubriaco, in barba al Corano e al Codice della strada. PapaRatzinger si fratturava il polso? Lui soffiava all’Ansa la parabola di due suore che volano a 180 all’ora sull’autostrada per arrivare prima in convento e sincerarsi sul- le condizioni di Sua Santità. Poi, nel febbraio 2012, Canzona perse il senso dellamisura e del decoro, mischiando la farsa con il dramma della Costa Concordia: s’inventò due sposini che avevano perso un bimbo per lo choc del naufragio e li spedì a pascolare nelle tv del dolore diRai e Mediaset. Striscia la Notizia lo beccò, l’Ordine degli avvocati lo sospese per 11mesi,
la fidanzata e socia di minoranza in bufale Anna Orecchioni lo mollò (ma poi si sono sposati e hanno una bella bimba di quattro anni). Ora Canzona è riemerso dall’anonimato che seguì la gogna. Ha parecchi chili in meno e qualche ruga in più. Ma a febbraio…
Ci è cascato di nuovo. Due mesi fa ha piazzato su un quotidiano sardo la storia lacrimevole e falsa del tale Giacinto Cantone, plurilaureato mezzo invalido, con prole a carico, che non trova lavoro. «Ho solo “manomesso” il mio cognome: Canzona fa drizzare le antenne ai cronisti. Ma la storia è vera: quel plurilaureato sono io. Ho tre lauree e l’invalidità per via della talassemia. E sono sul lastrico: ho chiuso lo studio, nessuno si fida più dime».
La cosa la sorprende? «No, me lo sono meritato. Ma una seconda chance si concede a tutti. Pensi aMarrazzo: si è pentito e ora è tornato in Rai, a fare il suomestiere».
Sull’albo degli avvocati di Tivoli il suo cognome non compare più. «Mi hanno cancellato perché non pago da cinque anni la tassa d’iscrizione. Appena saldo, mi ci rimettono».
A giugno del 2016 è stato condannato a sei mesi di carcere: avrebbe falsificato la firma di una cliente. «Ho fatto appello: la perizia grafica ha escluso che quella firma l’abbia apposta io. Comunque, è una faccenda che risale al 2011, alla mia vita precedente».
A fine 2012 uscì la notizia che faceva il benzinaio. «È una fake news: la misi in giro io. Mi odiavano tutti, volevo impietosire il pubblico».
Un anno dopo si presentò alle Regionali con una lista civica. «Vero, ma la registrai in una sala sbagliata e la lista decadde. Ci riprovai alle municipali: con mia grande sorpresa, presi 350 voti a Roma 3. Però ne servivano un migliaio per essere eletti».
Il suo slogan elettorale diceva: «Ho mostrato le falle dell’informazione, vi mostrerò quelle della politica». Spudorato. «Era carino, pungente. La politica è un’accozzaglia di bufale, e i fatti lo hanno dimostrato. I fatti e i 5 Stelle: li seguo e li stimo, Grillo è un genio».
Nel 2014 uscì la notizia della sua morte. «Anche nel 2012, se è per questo».
Tutta farina del suo sacco. «Macché. Sono scaramantico, non me la “tirerei” mai. Sarà stato qualche cliente arrabbiato. Io però un piccolo merito vorrei rivendicarlo».
Quale? «Grazie a me, i giornalisti hanno cominciato a verificare le notizie. Prima passava di tutto. Con il micio milio-
nario Tommasino ( Canzona piazzò su molti quotidiani la notizia, falsa, di un quadrupede che aveva ereditato una fortuna, ndr) andai pure in televisione: a Mediaset portai un gatto bianco e nero, sulla Rai uno tutto nero. Nessuno se ne accorse».
Ora che fa? «Nulla. Ho lavorato per tre mesi in un call center di Almaviva: prendevo cinque euro l’ora, ma era troppo “stressogeno”. Campiamo con lo stipendio di Anna. Purtroppo le ho fatto una pessima pubblicità: il lavoro è calato anche a lei. Ci aiutanomia madre e mia zia, altrimenti non ce la faremmo».
Si è pentito delle sue malefatte? «Sì, soprattutto della storia degli sposi- ni della Concordia. Per attirare clienti, ho speculato su una tragedia vera».
Le bufale erano una forma di autopromozione. Funzionavano? «Quando colorai un po’ di notizie sui ritiri delle patenti, finii per farmi un nome. Mi chiamavano da tutta Italia, il mio giro d’affari era raddoppiato».
Ha preso tre lauree alla Sapienza di Roma
La prima volta che uscì sui giornali, fu per un’autentica prodezza: si laureò in Giurisprudenza in soli tre anni. Perché non ha continuato sulla retta via? «È la domanda che mi faccio tutte le mattina davanti allo specchio. Ero in competizione con me stesso, volevo incrementare sempre di più la clientela, non mi bastava mai. Avevo una sindrome simile a quella di Fabrizio Corona». Ora che lavoro cerca? «Farei qualunque cosa. Ho lavorato per 15 giorni in un asilo nido, mi piaceva molto. Purtroppo non ho superato il periodo di prova: mi hanno detto che serviva uno con più polso. In realtà, temo mi avessero riconosciuto. Avevo quasi deciso di andare all’Anagrafe». A fare cosa? «A cambiare il cognome. L’iter non è lungo: bisogna scrivere al prefetto, dimostrargli che il cognome ti nuoce, e nel mio caso è vero. Ma Canzona lo portano le mie due figlie e me l’ha trasmesso mio padre, che non c’è più: sarebbe come cancellarlo». Potrebbe emigrare. «Ha ragione. Il problema è che in inglese conosco solo due parole: fake news».